“Prima di parlare dellItalia che vogliamo, parliamo dellItalia che viviamo oggi.
Dallinizio del nuovo millennio il bilancio dello Stato si è mosso sempre nella stessa direzione: aumento della spesa corrente, aumento delle tasse, diminuzione della spesa per investimenti. Una ricetta disastrosa, capace solo di far sprofondare il Paese nel debito e nellarretratezza.
Il ritmo del massacro è aumentato sempre più dopo il 2011, con i governi Monti, Letta e Renzi, fedeli esecutori dellausterità europea. Nel 2014, primo anno di Governo Renzi, le entrate complessive sono aumentate da 819 miliardi a 840 miliardi. Le spese complessive da 753 a 811 miliardi. Lindebitamento al netto dei prestiti e dei crediti è passato da -2.5 miliardi a -17 miliardi. Lavanzo di bilancio al netto degli interessi pagati sul debito si è ridotto da 54 miliardi a 28 miliardi. E ancora una volta è certificata una ulteriore flessione degli investimenti produttivi: -16% investimenti fissi lordi, -18.7% minori impegni del fondo coesione sviluppo e -7.1% di contributi agli investimenti alle imprese. Se diminuisce lavanzo di bilancio ma non aumentano gli investimenti produttivi è ovvio che sta aumentando la spesa corrente. Nulla di nuovo sotto il sole.
Il progetto del M5S per lItalia è semplice e va in tuttaltra direzione:
– riqualificare la spesa pubblica, spostandola dagli sprechi e dai privilegi agli investimenti produttivi. Per fare questo servono anni. È inutile millantare rivoluzioni di spesa in pochi mesi. Nelle manovre economiche successive alla crisi, ad ogni taglio annunciato di spesa pubblica è corrisposto un incremento delle tasse a regioni, province e comuni. La conseguenza più distorsiva è la graduale scomparsa del principio costituzionale della progressività delle imposte, a danno della classe media. Lo sanno anche i bambini che i tagli e la riqualificazione della spesa improduttiva richiedono almeno dieci anni e vanno sempre accompagnati da un aumento della spesa per investimenti produttivi, soprattutto in periodo di crisi. In particolare, per rendere efficiente la spesa, occorre trasformare il processo con cui si producono beni e servizi pubblici. Se su due uffici uno lavora bene e uno non funziona, si devono creare le condizioni per eliminare quello che non funziona e non metà delluno e metà dellaltro, come hanno fatto Monti, Letta e Renzi a suon di tagli lineari. I tagli devono eliminare gli sprechi e non esseri usati politicamente come giustificazione per distruggere i servizi pubblici primari (Sanità, Istruzione, Trasposto Pubblico, Acqua Pubblica, Stato sociale), come richiesto da Confindustria. Il vero taglio alla spesa dovrebbe riguardare il mercificio che va dai contributi alle varie fondazioni (tra cui la fondazione Craxi o la MAXXI occupata dalla Melandri) ai favorucci ad opera del Presidente della Commissione Bilancio Azzollini, che la maggioranza lascia impunito
– Un altro passo necessario è la semplificazione burocratica. Questo Governo ne parla ogni giorno, ma ancora oggi se un imprenditore vuole avviare unattività deve comunicare con sei enti diversi: Comune, Agenzia delle Entrate, Inps, Inail, ASL ed Ente camerale
– Bisogna fermare immediatamente la svendita del patrimonio e degli asset pubblici che, anziché ridurre il debito, è servita a finanziare spesa corrente. Si deve puntare alla valorizzazione del patrimonio pubblico e, se lo si vuole proprio finalizzare alla riduzione del debito pubblico, occorrono anche qui almeno dieci anni per fare le cose per bene. Una soluzione sostenibile esiste: costituire un fondo immobiliare con partecipazione pubblica al 100% a cui trasferire, per legge, tutti gli asset pubblici da valorizzare. Il fondo potrebbe emettere obbligazioni in proporzione al valore degli asset che godrebbero di un eccellente rating. Lobiettivo è quello di valorizzare questo patrimonio statale così che nel futuro si possano rimborsare le obbligazioni oppure convertirle in azioni. Quindi, le risorse finanziarie ottenute dalla valorizzazione del patrimonio andrebbero destinate alla riduzione del debito
– Bisogna recuperare rapidamente il ritardo accumulato nel settore informatico-telematico e dellalta tecnologia, perché lincidenza delloccupazione nel settore manifatturiero tenderà a calare progressivamente. I maggiori studi danno per certa la crescita relativa dellhigh tech entro il 2030, che deve costringerci a riflettere sul nuovo mondo del lavoro del XXI secolo. È quindi urgente rilanciare i settori high tech, in modo da stimolare il potenziale di nuovo lavoro soprattutto nei servizi, nellintermediazione e nella logistica e delineare uno scenario in cui al lavoro manuale si sostituisca sempre più quello autonomo in settori altri quali cultura, il tempo libero e la sostenibilità ambientale. Ad uneconomia della competitività sfrenata va sostituita uneconomia della cooperazione
– Va riformato il sistema di welfare, con lintroduzione del reddito di cittadinanza, che deve diventare parte integrante della cultura italiana. A meno che non si voglia insistere a parare cadute rovinose di grandi imprese quali lIlva, destinate al fallimento e alle quali si concedono generosi salvataggi con risorse rigorosamente pubbliche. Eppure, proprio dalle grandi imprese si leva la richiesta di un minore intervento dello Stato nelleconomia. Ma il reddito, che farebbe ripartire consumi, occupazione e profitti a beneficio anche delle piccole e medie imprese, viene tacciato di essere uno strumento assistenzialista, mentre la Bad Bank ideata da Padoan per liberare le grandi banche dai crediti deteriorati no?
– Si deve intraprendere una seria lotta all’evasione aggredendo multinazionali, criminalità organizzata, banche e assicurazioni, che oggi vengono toccate solo per 1,7% degli accertamenti fiscali contro il 90% e oltre delle piccole e micro imprese
– Serve una efficace legge anticorruzione che consenta di recuperare altre risorse finanziarie
– E soprattutto cè bisogno di una classe politica libera e autorevole per dire NO al sistema costruito attraverso i trattati europei, quali il Fiscal Compact, che stanno decretando la fine del progetto europeo. O si vuole forse rimanere indifferenti di fronte alle asimmetrie esasperate dalleuro e dai trattati europei? Da quando siamo entrati nellEuro abbiamo perso il 25% della produzione industriale, mentre la Germania lha vista aumentare del 26%! Intanto gli investimenti esteri si sono ridotti allo shopping a prezzo di saldo dei marchi italiani!
Solo se si procederà nella direzione indicata dal M5S, quindi, avremo un PIL in crescita, una seria riqualificazione della spesa pubblica e maggiori risorse da destinare alla significativa riduzione della pressione fiscale a famiglie ed imprese. Si promuoverebbe un circolo virtuoso trainato dal reddito di cittadinanza (maggiori consumi e profitti, maggiore occupazione), in grado di aumentare il gettito fiscale nonostante la riduzione delle tasse. E riusciremmo finalmente a ridurre anche il debito pubblico. Per fare tutto questo è urgente dire NO allausterità! E, vi prego, non mi si risponda che oggi il Premier ha intrapreso una lotta dura contro lausterità! Lanno scorso, in questo stesso periodo, assistevamo ad un identico teatrino per poi sacrificare allaltare della Merkel 2.8 miliardi del fondo taglia tasse e un ulteriore mezzo miliardo dal fondo coesione. LUnione Europea dovrebbe prendere atto del tragico fallimento dellausterità e la BCE dovrebbe proteggere i debiti sovrani acquistando direttamente titoli di Stato, bypassando quel sistema bancario che in questi anni ha preferito lucrare sui prestiti ricevuti dalla stessa BCE invece che finanziare leconomia reale. La sola preoccupazione della BCE dovrebbe essere quella di fare arrivare a famiglie ed imprese la liquidità necessaria per rendere virtuoso il ciclo economico. Per far ciò, non può prescindere da un vincolo stringente che preveda sanzioni pesantissime al sistema bancario qualora questo non destinasse la liquidità ricevuta al mondo produttivo. Infine, non si deve ulteriormente rinviare ladozione degli Eurobond che, a differenza di quanto previsto dal Fondo di Redenzione (ERF), garantiscano tutto il debito sovrano e non solo una parte. Questo non vuol dire che gli stati non debbano adempiere ai propri impegni ma, come enunciato nel Libro verde di Bruxelles, significherebbe non dare spazio a speculazioni suggerite dagli umori dei mercati, che impongono Governi e politiche economiche. Significherebbe poter finanziare un piano di investimenti europeo degno di questo nome, che non sia la presa in giro chiamata Piano Junker. Il Piano Junker va archiviato e sostituito, pena la scomparsa dellUnione Europea. Grazie!” Barbara Lezzi, portavoce M5S Senato
VIDEO Lintervento di Gianroberto Casaleggio al Forum Ambrosetti 2014