La mancanza di acqua pulita è la più grande povertà esistente. Per noi è ormai qualcosa di abituale, cadiamo nell’errore di pensare che l’acqua sia solo acqua. Non vediamo, o addirittura intuiamo, che per molti milioni di donne e bambini significhi più di tre ore di tragitto giornaliero che impedisce loro di fare altre cose essenziali, come andare a scuola per esempio. Ci dimentichiamo forse che la mancanza di acqua rovina i raccolti di interi paesi o che ogni giorno circa mille bambini al di sotto dei cinque anni muoiono per diarrea causata da cattive condizioni igieniche, a causa di mancanza di acqua pulita.
In tutto il mondo, 748 milioni di persone hanno gravi problemi di accesso all’acqua. Una quantità che è uguale all’intera popolazione europea, ma, ovviamente, non sono in Europa. 1 persona su 10 al mondo e, naturalmente, non li conosciamo.
Come trovare il modo di portare acqua potabile a centinaia di migliaia di persone che non hanno accesso ad essa?
E’ stata questa la domanda da cui 3 ragazzi spagnoli sono partiti e hanno sviluppato un grandioso progetto, Auara, per portare l’acqua potabile alle comunità più bisognose del mondo.
Auara, è un’impresa sociale che vende bottiglie di acqua e destina il 100% dei suoi dividendi per fornire questa risorsa alle popolazioni che ne sono prive realizzando progetti per chi non ha accesso a questo bene vitale. Auara, che in amarico (la lingua ufficiale dell’Etiopia) significa tempesta di sabbia, è nata per infrangere le regole, e così sta facendo.
L’acqua nelle bottiglie proviene da Los Barrancos, a León e, per ridurre l’impatto ambientale, le bottiglie sono di plastica R-Pet riciclata al 100%; ciò ha permesso fino ad oggi di riutilizzare più di 138 tonnellate di plastica e di risparmiare 226.000 litri di petrolio. Per ottimizzare il trasporto, il design delle bottiglie è quadrato, il che consente di risparmiare fino al 20% di spazi su ciascun pallet.
Grazie alla vendita delle sue acque minerali, dalla sua nascita nel 2016, la società è riuscita a finanziare 37 progetti che hanno aiutato circa 24.000 persone in 15 paesi, in Africa, Asia e Centro America. 32 di questi progetti sono stati finalizzati a garantire l’accesso all’acqua potabile e fornire l’accesso ai sistemi sanitari per contribuire a migliorare le condizioni igienico-sanitarie, riducendo così i tassi di mortalità associati al consumo di acqua contaminata.
“Lavoriamo sempre con i partner locali che selezioniamo con grande impegno e ci assicuriamo che abbiano un impatto reale, che siano trasparenti e, soprattutto, abbiano un follow-up a lungo termine” dice Antonio Espinosa, tra i fondatori di Auara, che cerca sempre l’implicazione assoluta della comunità locale, cosicchè i suoi membri percepiscano il progetto come necessario e, quindi, capiscano la necessità di prendersene cura. “Ci impegniamo a monitorare ogni infrastruttura per cinque anni perché, se costruisci un pozzo e poi si rompe e nessuno lo risolve, generi un problema più grande di quello che hai risolto.”
“Ad oggi siamo già riusciti a trasportare oltre 13 milioni di litri d’acqua attraverso 37 progetti in 15 paesi del mondo. Non conoscono i loro nomi, ma, per loro, ognuno delle 24.000 persone che hanno beneficiato dei progetti sono importanti quanto quelli che hanno scelto di acquistare una bottiglia di acqua. Quando sono per strada e vedo che qualcuno ha tra le mani una bottiglia di Auara, mi fa venir voglia di abbracciarlo!”.