di Claudio Cominardi – L’Italia non è mai stata un Paese facile per le famiglie. Per mamme e papà è spesso impossibile orientarsi tra detrazioni fiscali, bonus e assegni vari, mentre sono ancora troppe le limitazioni reddituali che negano a molte famiglie il diritto a un sostegno economico vero, forte, efficace.
Oggi alla Camera ci siamo posti una nuova sfida molto alta: costruire un welfare familiare pienamente rispettoso della genitorialità e riconoscente della fatica e dell’importanza dell’essere famiglia.
Sulla scorta della proposta di legge appena votata il Governo lavorerà al superamento dell’attuale frammentazione riordinando e potenziando le misure a sostegno delle famiglie con figli a carico. Lo dovrà farlo entro un massimo di due anni introducendo uno strumento più inclusivo, più equo e soprattutto universale: l’assegno unico, da costruire nel quadro del Family Act già approvato dal Governo.
Oltre all’UNICITÀ, i suoi requisiti dovranno essere:
- UNIVERSALITÀ: perché tutti i genitori ne abbiano diritto;
- INCLUSIVITÀ: perché nessuna famiglia venga esclusa per reddito, talvolta troppo basso;
- EQUITÀ: perché sia realmente commisurato allo sforzo compiuto per crescere i figli;
- PROGRESSIVITÀ: perché sia maggiore per i figli successivi al primo, nel pieno rispetto di quanto prevede la Costituzione.
Un altro principio inderogabile: l’assegno unico e universale sarà pienamente compatibile con il Reddito di Cittadinanza perché gli strumenti di lotta alla povertà non possono essere alternativi alle misure pro-genitorialità, semmai complementari.
Più concretamente, il contributo dovrà corrisposto dal settimo mese di gravidanza fino ai 18 anni di età e in alcuni casi (per esempio nel caso di prosecuzione degli studi, di ricerca di occupazione o di servizio civile universale) potrà proseguire in forma ridotta fino a 21 anni. Se il figlio maggiorenne ne farà richiesta potrà riceverlo direttamente.
Un’ulteriore maggiorazione tra il 30% e il 50% riguarderà infine le famiglie con figli con disabilità e non esisteranno vincoli di età per tutti i figli disabili maggiorenni a carico delle famiglie.
Non sono i dati sulla natalità e su un’occupazione femminile che si riduce in proporzione al numero dei figli a dirci che è il momento di cambiare strada. Ce lo chiedono il buon senso e il desiderio di una società giusta, oltre che milioni di giovani, di mamme e papà.