di Marco Croatti – La protezione dei dati personali e sensibili incrocia elementi fondamentali della nostra società come quello della difesa della libertà. Significa proteggere i cittadini e le loro vite ed è una sfida che guarda dritta al nostro futuro.
Negli anni questo stesso Blog ha affrontato questo argomento in numerosi articoli.
È una sfida che nessun governo dovrebbe rinunciare a combattere, figuriamoci un esecutivo che si autodefinisce di “patrioti” come quello di Giorgia Meloni.
E allora vediamo come questi “patrioti” difendono gli interessi del nostro Paese su questo tema.
Il 28 luglio un decreto del Direttore generale dell’Agenzia nazionale per la Cybersicurezza (ACN) recante “Modifiche ai livelli minimi delle infrastrutture e dei servizi cloud per le pubbliche amministrazioni” introduce, nel silenzio di un giorno d’estate, numerose piccole modifiche apparentemente poco significative. Ma una non lo è.
Viene abolito l’obbligo di autorizzazione da parte dell’amministrazione e di comunicazione all’ACN per il trasferimento al di fuori dell’Unione europea dei dati conservati in cloud dalle pubbliche amministrazioni qualificati come “ordinari” e “critici”. Questo significa liberalizzare il trasferimento del 95% dei dati che la PA detiene in cloud in tutti i Paesi del mondo. Dati che dal primo agosto sono a disposizione di qualunque Paese senza più l’obbligo di chiederne l’autorizzazione; quindi diritto assoluto di accesso ad esempio ai database degli ospedali, dei medici, delle banche.
Perché la scelta di abolire la richiesta di autorizzazione anche per i nostri dati critici? Quali sono i rischi che questo comporta?
Paesi europei come Germania e Francia hanno agito in maniera esattamente opposta, proteggendo con determinazione i dati sensibili dei propri cittadini. Non è finita.
Pochi giorni dopo quel decreto dell’ACN il sottosegretario per l’innovazione Alessio Butti esprime alla UE la posizione negativa del governo italiano sulla questione del “Fair share telco-OTT”. In sostanza l’Europa propone il co-investimento in chiave di fair contribution da parte delle maggiori imprese che forniscono, attraverso la rete, servizi, contenuti, video e applicazioni per la realizzazione delle nuove reti ultraveloci e infrastrutture cloud del nostro continente. Cioè chiede di tassare queste enormi e potenti imprese e grazie a quelle risorse effettuare investimenti tecnologici strategici e fondamentali nei Paesi europei. Una proposta condivisibile di redistribuzione della ricchezza per rendere più forte, avanzata, competitiva la nostra Comunità con soldi di aziende extra UE.
Il governo patriota tramite il suo sottosegretario Butti si mette però incredibilmente di traverso e invia una missiva al Commissario UE Breton per esprimere contrarietà a questa azione. Butti infatti mette in guardia l’Unione Europea dall’intraprendere tale iniziativa perché a suo avviso andrebbe a destabilizzare un mercato che al momento funziona perfettamente: “In our opinion the current relationship between OTT and telecom operators represents a well-balanced “regulating wheel, which benefits both parties.” Il governo è contrario a che i giganti del web come Amazon, Google, Facebook, quasi tutte Big Tech americane che fanno grandi profitti nel vecchio continente, siano costrette a contribuire economicamente allo sviluppo digitale europeo. Quindi nel giro di pochi giorni emerge una strategia del governo piuttosto evidente: sostegno e difesa degli interessi di aziende extra UE.
L’esecutivo Meloni sacrifica gli interessi del Paese, sacrifica la sicurezza e la privacy dei cittadini per proteggere grandi aziende tecnologiche, soprattutto americane. Una vergogna che deve essere denunciata con forza e un servilismo a poteri economici stranieri su cui i cittadini meritano qualche spiegazione.
Questo governo è sovranista oppure suddito di altri Paesi? È patriota o piuttosto traditore?
L’AUTORE
Marco Croatti – Classe ’72. Appartenente al gruppo MoVimento 5 Stelle, membro del Senato della Repubblica e della 6ª Commissione permanente (Finanze e tesoro) e segretario d’aula in Senato. Coordinatore regionale M5S Emilia-Romagna.