Il Monte dei Paschi di Siena è il più grande scandalo finanziario della Repubblica, una voragine di 21 miliardi di euro, pari a 42.000 miliardi di vecchie lire, due volte la dimensione della Parmalat, circa 5 volte l’IMU. La Fondazione di MPS, che ha controllato dal 1995 la banca, è in maggioranza composta da persone del Comune di Siena, della Provincia di Siena e della Regione Toscana di espressione Pd. Prima delle elezioni su MPS la parola è d’argento, ma il silenzio è d’oro. Bisogna evitare ogni possibile cortocircuito.
“Il lupo perde il pelo ma non il vizio” di Paolo Becchi
“Passano i mesi, il suo mandato sta ormai per scadere, ma Re Giorgio non perde il vizio di imporre la propria linea politica a giornali e stampa, forte ormai dellequiparazione, da parte della Corte Costituzionale, tra attività formali e quel potere di persuasione che, secondo la Consulta, deve rimanere segreto. «Non occorrono molte parole scrive la Corte per dimostrare che unattività informale di stimolo, moderazione e persuasione che costituisce il cuore del ruolo presidenziale nella forma di governo italiana sarebbe destinata a sicuro fallimento, se si dovesse esercitare mediante dichiarazioni pubbliche». Per questa ragione, tutti quegli incontri, telefonate, comunicazioni private con cui il Capo dello Stato esercita la propria attività politica (che, sia detto, è cosa ben diversa dalle sue funzioni costituzionali), devono rimanere riservati e segreti (per una analisi di questa strana pronuncia, non posso che rinviare qui al mio “Nuovi Scritti Corsari“). A proposito di segretezza: proprio ora che le intercettazioni di Re Giorgio dovranno essere distrutte, il pentito Brusca conferma che, dopo le stragi di Capaci, il papello di Totò Riina sarebbe stato indirizzato proprio a Nicola Mancino. La possibile rilevanza delle telefonate tra Re Giorgio e Mancino è ancora frutto di «insinuazioni gratuite»? Sì: una volta i pentiti avevano il diritto ad una bella prima pagina di giornale, oggi quasi nessun quotidiano riporta le affermazioni di Brusca. I tempi cambiano: il segreto ora non è più di Stato, ma del Capo dello Stato.
Re Giorgio detta la linea, organizza la stampa e la libertà di stampa. Non ha mai amato, a dire il vero, il dissenso (ricordo le dichiarazioni contro gli euroscettici, in cui il garante della Costituzione, e della libertà di manifestazione del pensiero, si compiaceva che fossero stati «costretti a tacere». Devo rinviare, anche qui, al mio articolo “Noi, sudditi di Re Giorgio“, ora in Nuovi Scritti Corsari). Ed ecco che, oggi, impone una vera e propria linea editoriale: non si deve parlare del caso Monte dei Paschi. Si rischiano, egli dice, «cortocircuiti tra informazione e giustizia», e la libertà dei giornali di ricercare la verità non può violare la «riservatezza necessaria delle indagini giudiziarie e il rispetto del segreto dindagine». Garantismo? O semplicemente un diktat che tende ad impedire la ricaduta elettorale delle inchieste sul Monte dei Paschi, visto che la Sinistra vi è fortemente implicata? Garantismo? Il Re è garante, garantista, garantito.
Il lupo perde il pelo, ma non il vizio. E forse soltanto tra molti anni, quando tutto cambierà ancora, quando anche questa classe politica sarà definitivamente travolta, nella biografia di Re Giorgio riapparirà dietro il garantismo di oggi il ritratto che, in una ormai celebre litografia (nella serie dei «bugiardi ed extraterrestri»), ne fece Craxi, rappresentandolo con occhi ed orecchie tappati. La bocca, però, no.”
Ps: A Reggio Emilia non c’era nessuno:
di Foto Artioli