Particolare di “Faust e Mefistofele” di Eugène Delacroix (1826-27), The Wallace Collection (Londra)
>>> Oggi, lunedì 13 maggio alle ore 19 sarò ad Avellino, via Matteotti. Domani martedì 14 maggio sarò a Barletta, ore 20. Le diretta saranno trasmesse su La Cosa <<<
Nei vicoli che portavano alla piazza del Duomo di Brescia sono sfilati ieri, insieme e contrapposte, la meglio gioventù e la vecchiezza della Repubblica. Maglioncini girocollo, pullover, cravatte e occhialini sul petto, capelli bianchi e pantaloni comodi dei pensionati si mescolavano con magliette, rasta, felpe, barbe incolte, bandiere multicolori di disoccupati, studenti, precari. I due gruppi erano impermeabili come l’olio con l’acqua. Vasi incomunicanti. Due salti generazionali, un abisso. Nipoti e nonni.Negli occhi delle persone anziane che si apprestavano al palco ad ascoltare i deliri di un vecchio di quasi ottant’anni c’era stupore, meraviglia. Non capivano le urla e la rabbia dei ragazzi. Per loro era normale che un condannato a quattro anni per frode fiscale attaccasse pubblicamente la magistratura scortato dal ministro degli Interni. Una scena sudamericana nella città della strage di piazza della Loggia. Per i ragazzi era uno sfregio, una provocazione. Per gli anziani rappresentava la normalità, quella conclamata ogni giorno dalle televisioni, il loro filtro faustiano di eterna giovinezza. Lo smarrimento nei confronti della protesta era autentico. La società è ormai “divisiva” per usare un temine di moda. Da una parte coloro che hanno una pensione, che pagano l’IMU perché hanno una casa o due, che hanno potuto mantenere una famiglia, che hanno avuto un lavoro dipendente per tutta la vita, spesso qualche risparmio da parte. Persone che, quando hanno affrontato la vita, ventenni, sapevano di avere un futuro. Dipendeva solo da loro. Dall’altra chi non ha letteralmente nulla. Spinti all’emigrazione. Senza lavoro, casa, reddito, famiglia, speranze. I sommersi e i salvati.
L’Italia è un mondo per vecchi. Il suo presidente è il più longevo del mondo, in Parlamento dagli anni ’50, da prima dello Sputnik. Un Paese pietrificato. I giovani chiedono il conto. Ne hanno diritto. Lo sfascio non è colpa loro. Vedono sfilare nei palchi delle autorità i responsabili del disastro, strafottenti, protetti dalle forze dell’ordine, da ragazzi in divisa che, anch’essi, non ne possono più. In mancanza di un patto tra generazioni non ci saranno sommersi e salvati, ma solo sommersi. “Ah, se me lo dicevi prima” cantava Jannacci.