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Passaparola- Turchia. Twitter contro il Potere #occupygezi

beppegrillo.it - Giugno 24, 2013
Intervista a Simone Favaro
(11:00)

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“Come si sa Erdoğan ha definito Twitter: “un male della società”, uno dei suoi collaboratori ha dichiarato che Twitter è peggio di una autobomba, perché se questa ha una esplosione limitata e circoscritta, un tweet che contenga delle calunnie o bugie può creare molti più danni. Di recente il ministro degli Interni ha annunciato che il Governo sta lavorando su una proposta di legge per regolamentare i social media, specificando che non si tratta di una limitazione ma di un insieme di strumenti per combattere il cyber crime. Si crede che stiano analizzando 5 milioni di tweet e che 105 siti web e 262 account Twitter siano sotto inchiesta.” Simone Favaro, blogger

“Un saluto agi amici del Blog di Beppe Grillo. Mi chiamo Simone Favaro, sono un blogger e dal 2011 vivo ad Izmir nella costa nord-occidentale della Turchia che si affaccia sul mar Egeo.

Le origini di #OccupyGezi
Gezi Parkı è un parco storico nella zona di Taksim a Istanbul, in pieno centro. La città di Istanbul aveva deciso di farlo abbattere per un centro commerciale, una nuova moschea e la ricostruzione di alcuni palazzi ottomani che fino agli anni 40, prima di essere abbattuti, trovavano lì la loro collocazione. Questo ha trovato il disaccordo di una parte della cittadinanza e di alcune associazioni ambientaliste che si sono organizzate nel comitato Solidarietà Taksim. Il 27 maggio il comitato ha bloccato gli operai che avevano iniziato ad abbattere gli alberi, occupando il parco per impedire i lavori. Il giorno successivo, altri manifestanti si sono radunati a Taksim a sostegno della protesta. Qui si registra il primo intervento della polizia con i “Toma” (mezzi dotati di cannoni ad acqua) e gas al peperoncino. Il 29 maggio il primo tentativo di sgombero, in cui la polizia ha trascinato i manifestanti fuori dalle tende ed appiccato il fuoco. Le ripetute cariche da parte delle forze dell’ordine e l’uso spropositato della forza hanno fatto crescere gradualmente le proteste in altre città della Turchia dove si sono organizzati cortei e manifestazioni ed in cui si sono registrati altri interventi di massa delle forze d’ordine. Gezi prende il via da motivazioni ambientaliste, ma è diventato presto una richiesta di maggiore libertà e si è esteso a tutto il territorio nazionale. La ricerca di una società turca evidenzia che il 99% dei tweet erano a favore delle proteste.

Erdoğan e la moralizzazione dei turchi
Le manifestazioni di Gezi si inseriscono in un contesto molto sensibile. Il governo Erdoğan stava emanando norme di “moralizzazione” dei costumi che facevano dire a molti oppositori e ad una parte piccola del suo elettorato che stesse attuando una progressiva islamizzazione del Paese. Di recente è stata approvata la legge sulla limitazione dell’uso dell’alcool che impedisce la vendita di alcolici dalle 22.00 alle 6.00 ed il divieto permanente a 100 metri da moschee e scuole. Vietata qualsiasi forma di pubblicità di prodotti alcolici, compresi i festival sponsorizzati (ad eccezione delle fiere internazionali) e la trasmissione di film e programmi televisivi che incentivino l’uso di alcolici. Laddove fossero presenti dei prodotti, obbliga la “censura” del prodotto e dell’atto del bere apponendo dei filtri di sfocatura. La stessa cosa già avviene per le sigarette ed i nudi, sempre a seguito di leggi promulgate dal governo. Altre iniziative sono relative all’obbligo di prescrizione per l’acquisto della pillola del giorno dopo, le continue denunce e processi aperti contro gıornalisti, l’introduzione della formazione e della carriera religiosa nei percorsi di studi, la costruzione di opere che devastano l’ambiente (l’ultima il terzo ponte sul Bosforo). Ma più che le proposte di legge viene contestato l’autoritarismo nel portare avanti determinate proposte. Il governo si è sempre difeso dicendo: “Io ho il 50% dell’elettorato che mi appoggia e quindi sono legittimato da questa maggioranza. Se non piace l’azione di Governo, si attendano le elezioni per dimostrarlo“. C’è una situazione di intolleranza all’autoritarismo del governo che si è espresso in vari modi, dall’imporre determinati tipi di leggi, all’atto fisico, di forza durante le manifestazioni, da notare che l’utilizzo dei “Toma” è una prassi nelle manifestazioni. La protesta di Gezi è arrivata in un momento in cui una parte del Paese ha detto: “Basta!”. Non è più una lotta tra laici contro religiosi, ma un confronto tra “più libertà” e autoritarismo, tanto è vero che tra i protestanti ci sono socialisti, laici, curdi, religiosi, c’è il movimento musulmano anticapitalista.

I media tradizionali e le proteste nascoste dai pinguini
Ho seguito per vedere se e come venisse coperto quanto succedeva e devo dire che con sorpresa ho trovata la stampa italiana molto allineata. C’è stato un piccolo problema all’inizio. Per alcuni giorni, forse anche a causa delle agenzie che non hanno trasmesso bene le notizie, si parlava principalmente delle proteste come se fossero concentrate solo a Gezi. L’informazione televisiva in Turchia è stata, a parte rarissime eccezioni, incompleta, per esempio Cnn Turk, quando sono esplosi i primi scontri non li ha neanche coperti a Istanbul, ha trasmesso un documentario sui pinguini. La carta stampata, invece, è stata molto più sul pezzo, anche perché tutti i giornalisti di carta stampata sono su Twitter, come dovrebbe essere normale in qualsiasi parte del mondo. La Rete è stata fonte di notizia della carta stampata, che prendeva, verificava la notizia e la ritrasmetteva. Questa relazione non è riuscita con la Tv.

La protesta si amplifica su Twitter e il governo reprime
Come si sa Erdoğan ha definito Twitter: “un male della società“, uno dei suoi collaboratori ha dichiarato che Twitter è peggio di una autobomba, perché se questa ha una esplosione limitata e circoscritta, un tweet che contenga delle calunnie o bugie può creare molti più danni. La polizia ha arrestato 24 persone a Izmir e 13 a Adana con la accusa di provocazione e incitamento alla rivolta a mezzo Twitter. Tutte persone rilasciate nel giro di poche ore o giorni, però la cosa ha creato una forte polemica. Di recente il ministro degli Interni ha annunciato che il Governo sta lavorando su una proposta di legge per regolamentare i social media, specificando che non si tratta di una limitazione ma di un insieme di strumenti per combattere il cyber crime. Ad oggi sono in corso indagini per individuare “responsabili” di “propaganda” e “istigazione” alla rivolta. Si crede che stiano analizzando 5 milioni di tweet e che siano sotto inchiesta 105 siti web e 262 account Twitter. Secondo una ricerca della New York University, Twitter è stato uno strumento fondamentale nell’organizzazione delle proteste, ma oltre al dire: “Camminiamo da Taksim a Gezipark“, la funzione principale, avendo seguito i vari hashtag, è stata di richiesta e di coordinamento dei soccorsi, per l’aiuto di medici, e per gli arrestati si chiedeva il supporto degli avvocati. Medici e avvocati via Twitter davano il proprio numero mettendosi a disposizione di chi aveva bisogno. Un’altra cosa notata poco: molti usavano Twitter per calmare gli animi. Personalmente ho visto molti messaggi che dicevano: “State calmi, non fate danni, noi dobbiamo rispettare innanzitutto la nostra protesta, non cedete alle provocazioni”. Internet ha una penetrazione del 45/46 % della popolazione, principalmente sulle tre grandi città, che sono Istanbul, Ankara e Izmir, ma comunque si sta diffondendo.

Il futuro della Turchia
Cosa succederà è difficile dirlo. Si può tuttavia notare una evoluzione del movimento di protesta. Dopo lo sgombero di Taksim sono iniziate proteste sempre più passive. A İstanbul uno scenografo ha dato vita al #duranadam che prevede di stare fermi immobili senza parlare. Un atto che è stato subito imitato e a fronte del quale non ci sono state reazioni violente da parte della polizia, fatta eccezione per alcuni fermi. Da qualche giorno, inoltre, si sono istituite assemblee pubbliche all’aperto in cui si discutono i temi di Taksim e si formulano proposte. Sembra che si stia organizzando un nuovo movimento politico. Si sta valutando un rafforzamento dei poteri della polizia e dei servizi segreti. E` stata paventata l’ipotesi dell’impiego dell’esercito nel caso in cui la polizia e la gendarmeria non siano sufficienti. Sul piano internazionale si stanno raffreddando i rapporti con l’Unione Europea, dopo la sentenza del Parlamento a cui Erdoğan ha risposto in modo fermo che la Turchia, non essendo membro della UE, non è tenuta a seguirla e continua a paventare la possibilità di un complotto internazionale per destituire il governo in carica. Sono state cancellate alcune visite istituzionali. Nel mentre l’opposizione e alcuni giornalisti chiedono alla Merkel di non congelare il processo di adesione della Turchia. Anche se la situazione sembra rientrare (si registrano però scontri in alcune città), questi sono giorni importanti in cui si vedrà a cosa porterà la protesta di Gezi.
Passate parola!” Simone Favaro, blogger

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