di Francesco della Porta e Stefano Luciani – Le città dell’emisfero Sud sono sommerse dalla pattumiera. Bambini che cercano cibo o giocano tra i rifiuti sono un tragico stereotipo in America Latina, in Africa e nel Sud-Est Asiatico. Produrre energia bruciando rifiuti era parsa a qualcuno una buona idea, perché risolveva in un colpo solo anche il rincaro dei combustibili fossili. Poi il riscaldamento globale è diventato vero, e tutti abbiamo capito che per ridurre l’emissione di CO2 è indispensabile separare le due questioni: generare energia da fonti rinnovabili, e produrre meno rifiuti.
L’inceneritore di Amager Bakke, costruito alla periferia di Copenaghen è uno dei più grandi d’ Europa; è stato decantato come un capolavoro ambientale: sul suo tetto ospita una pista di sci, attrazione straordinaria per un paese ricco di neve, ma completamente piatto. Amager è anche efficiente: a parità di rifiuti bruciati genera 20% più energia dei suoi concorrenti.
In realtà, efficienza e slalom nascondono un grosso equivoco: i rifiuti non sono una risorsa scarsa da sfruttare meglio, bensì un residuo indesiderato delle nostre attività economiche, un danno, un inconveniente, una inefficienza da ridurre. Produrre più energia incenerendo sempre maggiori quantità di rifiuti crea un incentivo perverso che gli economisti hanno battezzato effetto cobra: il governo coloniale inglese in India, preoccupato del gran numero di cobra velenosi in circolazione, offrì una taglia a chiunque ne consegnasse uno morto; col risultato che gli indiani cominciarono ad allevare cobra.
Analogamente, per raggiungere quella migliore “efficienza“ Amager deve bruciare più rifiuti di quanti ne generino i cittadini di Copenaghen che, per pagare meno l’energia, sono ora costretti a importare la pattumiera di altri paesi per bruciarla a casa loro.
Amager è in realtà un dinosauro destinato all’estinzione. Infatti, il 18 dicembre 2022 l’Unione Europea ha stabilito nuove norme per estendere il regime dei crediti di carbonio agli inceneritori e per ridurre la combustione e il traffico di rifiuti. È molto probabile che, a partire dal 2028, gli inceneritori saranno equiparati alle altre produzioni di energia da combustibili fossili: per bruciare rifiuti sarà necessario spendere crediti di carbonio, come avviene già per altri processi industriali che utilizzano il gas, il carbone o il petrolio. Ma i rifiuti producono meno energia degli altri combustibili fossili, e non generano meno CO2. Perciò gli inceneritori si spegneranno progressivamente per insostenibilità economica.
Nella logica europea dell’ economia circolare gli inceneritori sono già definiti obsoleti, perché bruciare rifiuti danneggia la salute, l’ambiente, e il clima. Ma per accogliere in Italia questa nuova consapevolezza è necessario sbrogliare un altro pasticcio: l’alleanza dei rifiuti con il cemento. Tra calcinazione e consumi energetici, produrre una tonnellata di cemento emette quasi una tonnellata di CO2. E’ un dato scarsamente comprimibile, perché per produrre ossido di calcio, l’ingrediente fondamentale del cemento, occorre separare il carbonio dal carbonato di calcio e questo processo rilascia CO2. Inoltre, il processo avviene ad alta temperatura, e richiede molto combustibile bruciato sul posto. Uno studio ha calcolato che se l’ industria del cemento fosse uno stato, sarebbe il terzo generatore di CO2 dopo USA e Cina. Come rendere il cemento meno inquinante? Ci vorrebbe un combustibile rinnovabile a basso prezzo… come i rifiuti.
In Italia, le lobby dei cementieri e dei trafficanti di rifiuti hanno forte influenza sui ministri dell’ ambiente, che hanno pensato di risolvere in un colpo solo due problemi: Nel 2013 il ministro Clini ha stabilito per decreto che i rifiuti detti “CSS” sono equiparabili ad una fonte rinnovabile di energia: come insegna Copenaghen, rifiuti se ne producono finché si vuole. Nel marzo 2021 Clini ha ricevuto una condanna a 6 anni per corruzione nell’ambito di progetti di cooperazione ambientale internazionale. Nell’estate 2021, il ministro Cingolani col decreto “Semplificazioni” ha stabilito che i cementifici possono bruciare rifiuti CSS senza obbligo di alcuna valutazione di impatto ambientale. Nel decreto Sostegni Quater del gennaio 2023 si approfitta della crisi dell’approvvigionamento del gas, conseguente alla guerra in Ucraina, per autorizzare genericamente le imprese a sostituire il metano con il “CSS” tramite semplice comunicazione e silenzio assenso.
Bruciare rifiuti nel cementificio è molto più dannoso per la salute e per l’ambiente rispetto ad un inceneritore. Infatti, le norme italiane consentono ai cementifici di emettere sostanze inquinanti, come ad esempio NOx, HCl, NH3 e polveri sottili in quantità elevate, mentre i limiti per un inceneritore sono più stringenti e i volumi di emissioni complessive molto inferiori. Un dossier presentato alla Camera dei Deputati lo scorso dicembre ha rivelato che i cementieri preferiscono non chiedere permessi e che nei cementifici i controlli sono saltuari e sommari.
Inoltre, si deve considerare che fino al 2021 i cementifici hanno usufruito quasi per intero di crediti di carbonio gratuiti e, finché la normativa italiana divergerà da quella europea, saranno incentivati a ricorrere sempre più al combustibile da rifiuti, anziché i tradizionali combustibili, quali pet-coke o carbone. Se il quadro legislativo non sarà modificato, in Italia diventerà più conveniente bruciare rifiuti in un cementificio o in una centrale a carbone, piuttosto che in un inceneritore, con un danno gravissimo per clima, ambiente e salute.
Uno studio del Comando Carabinieri per la tutela ambientale spiega: una netta convergenza tra criminalità mafiosa e criminalità economica è da anni evidente con riferimento alla gestione dei rifiuti, settore nel quale si prospettano grossi investimenti che inevitabilmente attrarranno le imprese criminali. Ciò risulta amplificato, si ribadisce, da un sistema sanzionatorio ancora poco stringente e che consente molteplici scappatoie. (FONTE: Ecomafia 2022, Legambiente, p. 87)
Rendere coerenti le irresponsabili e pasticciate leggi italiane con i chiari obiettivi posti dagli indirizzi europei è inevitabile; prima avverrà, meglio staremo tutti.
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GLI AUTORI
Stefano Luciani – Laureato in ingegneria elettrotecnica. Esperienza decennale come plant manager di grandi impianti termoelettrici. Consulente aziendale nel settore energia, ambiente e sicurezza del lavoro, si occupa di sviluppo e gestione di impianti ad energia rinnovabile. E’ vicepresidente di Assoidroelettrica, una associazione di categoria che rappresenta i piccoli produttori idroelettrici.
Francesco della Porta – Laureato in storia, economia, e management. Dirigente industriale nella Silicon Valley. Consulente per aziende e governi regionali nei settori Idrogeno, energie rinnovabili, biotecnologie. Responsabile di progetti europei per due centri di ricerca pubblici in Trentino. Ha pubblicato nel 2021 Una-breve-storia-della-globalizzazione (Ronzani editore)