di Jacopo Berti, portavoce M5S Veneto
“C’è una storia nel mondo della finanza mondiale, alla quale ci si appella come monito ogni volta che una banca sostiene di essere too big to fail (troppo grande per fallire). E’ quella di una conferenza del 2008 della banca americana Bear Stearns, durante la quale un rappresentante dell’istituto rassicurava la platea circa la solidità della banca, mentre sui cellulari dei presenti si susseguivano in tempo reale le notizie del suo crollo in borsa e l’inizio ufficiale della più grande crisi dal 1929. Facce sorridenti, manager sicuri di se, mentre il mondo cadeva nel baratro. Ieri come oggi.
Un nuovo caso Parmalat
Oggi in Italia siamo di fronte ad un caso analogo. Come dice una ricerca di Citi bank, le banche italiane si trasformano da oro in criptonite e quello delle banche venete Banca popolare di Vicenza (BpVi) e Veneto Banca è un caso clamoroso, la peggior situazione in Italia. Per fare un esempio lo potremmo definire un nuovo caso Parmalat, ma molto più grande. Guarda caso, come allora, ne stiamo parlando per primi sul blog di Beppe Grillo.
Le balle dei manager milionari di queste banche al centro di truffe e scandali, crollano di fronte alla durezza dei dati. E specialmente quando come nel caso di BpVi e Veneto Banca ci si appresta ad entrare in borsa, si viene pesati e, se trovati mancanti, sbugiardati.
Noi abbiamo un’analisi su questi istituti non ancora pubblicata dai media, ad opera di PricewaterhouseCoopers, una delle più grandi agenzie di revisione dei bilanci. Ciò che rivela è scioccante e ve lo stiamo per svelare. Per comprendere la gravità della situazione, ricapitoliamo brevemente le ultime vicende.
16 Febbraio – campane a morto per Banca Popolare di Vicenza
Il 16 febbraio, due giorni fa, il cda della Banca Popolare di Vicenza ha definito il prezzo del diritto di recesso dalle azioni a 6,3 euro per i soci che non vorranno aderire alla trasformazione in spa. Parliamo di una svalutazione di circa il 90%!
La banca ha appena iniziato a svalutare, iniziando quel processo che altre banche hanno già fatto da molti anni. BpVi ha in pancia miliardi di crediti deteriorati, che per una famiglia è come avere in frigo tonnellate di cibo marcio. Qualcuno deve dire la verità a correntisti e azionisti, e la verità è che ci sono banche sullorlo del baratro mentre tutti fanno finta di niente.
I piccoli risparmiatori devono essere avvisati. Molto è andato perso, ma qualcosa si può salvare.
La cruda verità su BpVi e Veneto Banca
La situazione reale è ancora più grave. Il valore di sei euro e spiccioli ad azione di cui si parla in questi giorni è una prospettiva più che rosea: quello che sta accadendo ora nella BpVi è solo linizio. Chiunque, vedendo unazienda che perde il 90% del suo valore in 10 mesi, sa benissimo come andrà a finire. Se banche solidissime con requisiti di capitale perfettamente in ordine, hanno perso dal 30 al 50% in pochi giorni solo per linteressamento della Bce, figuriamoci cosa può accadere alle disastrate banche locali.
Pensiamo ad Unicredit. Ottemperando ai requisiti della BCE in merito al capitale valeva 5,34 euro a dicembre 2015: oggi ne vale 3,15. Ma Unicredit ha requisiti di solidità ben maggiori delle venete in questione, ed ha azionisti solidissimi (pensiamo a Del Vecchio). Tuttavia, ha perso circa il 40% in due mesi.
Crediti deteriorati: disastro in vista
Il prezzo di 6,3 euro per azione BpVi è il prezzo abbassato dopo solo la prima fase. Il pezzo forte arriverà quest’anno.
Parliamo della famosa lettera della Bce in cui si chiede chiarezza circa le politiche degli istituti sui crediti deteriorati, ovvero quei prestiti che stanno andando persi perché i debitori sono insolventi. La stessa richiesta che sta mandando nel panico il Governo, che non sa più che fare di fronte ad un buco di 380 Miliardi di euro. Questa lettera ha, come abbiamo visto, fatto crollare le banche italiane in borsa. Anche quelle come Unicredit. Pensiamo a cosa farà con dei morti viventi come BpVi e Veneto Banca, quando questa richiesta toccherà loro.
Un’idea? Dall’analisi che vi abbiamo introdotto, vi riveliamo il grafico che dimostra quanti crediti deteriorati hanno le due banche venete in questione.
3,4 miliardi di euro per BpVi e 2,9 per Veneto Banca di crediti deteriorati! Il paragone con altri istituti in crisi come Banco Desio che arriva a 0,7 rende l’idea?
Se a questi aggiungiamo i crediti compromessi (Impaired Loans), che hanno scarsissime possibilità di rientrare, la situazione, se possibile, peggiora ancora. Parliamo di 6,5 miliardi di euro per BpVi e 5,6 per Veneto Banca. In totale un potenziale buco da 18,4 miliardi di euro!
Stimando ottimisticamente che solo un 50% di questi crediti compremessi andrà perso, abbiamo circa 6 miliardi di spazzatura sia in BpVi che in Veneto Banca.
E pensare che l’aumento di capitale richiesto (ovvero i soldi chiesti agli azionisti per ottemperare ai requisiti della BCE) da BpVi due giorni fa è di 1,75 miliardi di euro. Soldi buttati. E’ come spegnere un incendio con un bicchiere d’acqua.
Quindi, ricapitolando: negli ultimi anni questi istituti si sono dovuti adeguare ai requisiti di capitale della Bce e hanno perso, a causa della fragilità emersa, BpVi l’87% e Veneto Banca il 76%.
Nel 2016 dovranno affrontare il secondo requisito che ha lasciato sul campo le banche solide (come dice Renzi) italiane già quotate -, ovvero la contabilizzazione degli NPL, dei quali vi abbiamo anticipato i dati reali (grafico 1).
Tra i requisiti voluti dalla Bce c’è poi quello, fondamentale, del patrimonio delle banche. E’ il parametro più utilizzato per valutare la solidità di una banca. Negli stress test dell’Autorità bancaria europea (Eba) la Ue ha chiesto di portarlo al 10,25%.
Mentre alcune banche italiane sono al 12%, i due cadaveri veneti sono intorno al 6%. A questo sono serviti gli aumenti di capitale chiesti finora! Non a rendere più solida realmente la banca, ma a farla ‘apparire‘ solida. Senza riuscirci. E continuando a bruciare soldi dei veneti.
Pensate che in modo simile Mps ha fatto aumenti di capitale per 5 miliardi di euro in un anno e adesso ne vale 1,6. Questo rende l’idea di quanti miliardi brucino banche che non possono restare in borsa, ma si ostinano a farlo. E’ come viaggiare con un colabrodo al posto del serbatoio, continuando a versare benzina durante la marcia.
Quindi, secondo voi, le due banche venete, nelle condizioni in cui versano, senza capitale solido e senza azionisti in grado o disposti a mettere miliardi, come affronteranno la borsa? Prevedere quotazioni dello zero virgola per azione non è fantascienza, è anzi molto probabile.
Chi pagherà?
A pagare saremo come sempre noi, ovvero i correntisti, grazie al Bail in.
Questa regola prevede che in caso di fallimento di una banca si impongano delle perdite ai correntisti ed anche agli obbligazionisti ordinari che in Italia rappresentano più del 30% della raccolta, soprattutto tra le banche piccole.
Se non possiamo fermare la quotazione di queste banche in borsa, dobbiamo fermare il Bail in. Non è giusto che i cittadini paghino per l’avidità di pochi! Con questo sistema, come al solito saremo noi a pagare le malefatte dei pirati in giacca e cravatta. Gente che ha sperperato miliardi, distrutto banche solidissime, massacrato territori ed imprenditori, regalandosi stipendi milionari e buonuscite da nababbi, ed oggi con la faccia di bronzo ripetono: va tutto bene! Proprio come in Bear Stearns. Come al solito in Italia, più fai grosso il danno, più diventi ricco.
Ora conoscete la verità su BpVi e Veneto Banca. Informate i vostri cari, azionisti e correntisti. E, come si dice: uomo avvisato, mezzo salvato.
VIDEO 150 milioni dei veneti fregati con i derivati