di Beppe Grillo e il suo elettricista – Qualche giorno fa, su Repubblica – Affari e Finanza, il Presidente dell’Arera, Stefano Besseghini, ha parlato per la prima volta della nuova tecnologia: “Potrebbe essere una occasione importante per decarbonizzare l’attività nelle acciaierie”. “Verde o blu, l’importante è che funzioni”. Ma avverte: “Servono norme uniformi in tutta l’Unione per non creare squilibri”.
In rosso le mie considerazioni alle sue tesi:
“L’ idrogeno? È uno di quei casi in cui l’innovazione va regolata in divenire. Prima vediamo quale direzione prende. Lasciamo fare al mercato e poi interveniamo perchè ci sia concorrenza.
Il mercato dell’idrogeno elettrolitico, ovvero dell’idrogeno di cui si parla in Italia, non esiste (quello legato al processo cloro soda è solo un sottoprodotto). Se i finanziamenti fossero privati non ci sarebbero problemi sull’economicità delle scelte . In questo caso il mercato sarebbe solo da osservare ed eventualmente da correggere e pertanto è perfetta la posizione di Arera: “L’idrogeno trovi la sua strada poi fisseremo regole di mercato” Ma la situazione attuale è esclusivamente legata ad investimenti essenziali per far decollare una nuova tecnologia. Occorre però che tale tecnologia sia quella vincente. Per questa ragione chi erroneamente sostiene l’idrogeno afferma che il futuro sarà all’idrogeno (che non è una fonte di energia ma un vettore inefficiente e problematico di energia). Sbagliare questa previsione sarebbe disastroso poiché si sciuperebbero risorse ingenti e tempo preziosissimo. Il vettore energetico del futuro sarà invece ovviamente elettrico, la forma più pregiata di energia su cui si è concentrata tutta l’innovazione. Degradarla significa distruggere valore e produrre CO2.
Altro punto da chiarire è se si parla di evitare problemi di inquinamento o problemi legati al global change.
L’inquinamento è un fatto locale e l’idrogeno potrebbe essere utile anche se esistono alternative migliori mentre il global change risente anche della produzione anche remota di CO2 che non è un inquinante ma è legata alla bassa efficienza energetica specialmente se si parla di idrogeno elettrolitico.
“Potrebbe essere una occasione importante per decarbonizzare l’attività nelle acciaierie”. “Verde o blu, l’importante è che funzioni”.
L’idrogeno verde che è elettrolitico emette più CO2 (poiché non disponiamo di solo energia elettrica rinnovabile ed è carissimo) dell’idrogeno blu. L’impiego del metano in acciaieria risolve il problema dell’inquinamento e le emissioni di CO2 minori dell’idrogeno blu o meglio del più economico metano poichè un altoforno necessita di carbonio da inglobare nel ferro per produrre ghisa che il metano può dare.
“Servono norme uniformi in tutta l’Unione per non creare squilibri”. Non ci sarà un’economia basata sull’idrogeno ma una quantità di soldi pubblici da sorvegliare.
“L’ idrogeno? È uno di quei casi in cui l’innovazione va regolata in divenire. Prima vediamo quale direzione prende. Lasciamo fare al mercato e poi interveniamo perchè ci sia concorrenza. Ora si parla solo di bonus statali da sorvegliare. A patto che le regole siano uniformi in tutta Europa, per evitare le difformità che sono state consentite in passato». Stefano Besseghini è da due anni e mezzo alla guida dell’Arera, un tempo “solo” autorithy per l’energia. ma con l’evolvere del settore e l’avanzare della transizione diventata Autorità di regolazione per Energia Reti e Ambiente, Besseghini ha accettato di spiegare ad Affari&Finanza il suo punto di vista sulla tecnologia dell’idrogeno. Una tecnologia che esiste da anni: ma ora, anche con l’introduzione della sua versione “verde” (in combinata con le fonti rinnovabili) per drenare sovvenzioni si trova al centro di progetti miliardari dei paesi guida della Ue. Germania e Francia hanno deciso di investire rispettivamente 9 e 7 miliardi di euro. La Francia vede bene l’idrogeno poiché le centrali nucleari che non vuole abbandonare producono energia elettrica notturna che dovrebbero regalare mentre la Germania sogna di usare combustibili per produrre da reforming idrogeno e farci sotterrare la CO2 in pianura padana. L’Italia, che a un prezzo dell’energia elettrica tanto elevato ha fatto scappare dal nostro paese l’Alcoa che produce alluminio e che si appresterà a regalare EE ad un altro possibile operatore, vorrebbe fare addirittura idrogeno elettrolitico.
E anche l’Italia, con il precedente governo aveva ambizioni, anche se economicamente più contenute. Un fiume di denaro che andrà regolato. Con i grandi gruppi che già si posizionano per accedere alle risorse comunitarie. Il gruppo Eni, per esempio, non ha gradito che il governo Conte l’abbia escluso dalla possibilità di accedere ai fondi Ue per un grande progetto di idrogeno blu, prodotto con il gas naturale ma con le emissioni di CO2 catturate e iniettate nei giacimenti esausti sotto l’Adriatico.(operazione fallimentare tentata dall’Enel con il sequestro della CO2 nella centrale di Brindisi e sotterramento nel piacentino) Per non parlare di chi sostiene che chi si candida per trasportare un domani nella propria rete l’idrogeno – come il gruppo Snam (per bruciare prezioso idrogeno elettrolitico in una caldaia domestica) – non dovrebbe essere troppo attivo in progetti destinati alla produzione, per le regole europee sulla separazione delle funzioni a beneficio della concorrenza. Tutte attività che andranno regolate proprio a cura dell’Arera. Ma, come spiega in questo colloquio, Besseghini e il collegio dell’Autorità vogliono muoversi a ragion veduta. «Non c’è dubbio che l’idrogeno completi il panorama delle tecnologie che saranno utili al processo di decarbonizzazione – esordisce nel suo ragionamento – ma siamo ancora in una fase che ricorda l’elettricità a inizio Novecento ma l’energia elettrica era la via giusta questa no: sono abbastanza chiare le potenzialità, ma le scelte del suo utilizzo non sono ancora definite e dunque non sono chiare. Come si può avallare una tale enorme rivoluzione in queste condizioni? Il rischio di investire forti somme di denaro in tecnologie che alla fine potrebbero non essere quelle ottimali è ancora forte». Partendo da questo primo concetto, Besseghini spiega quale dovrebbe essere il percorso necessario prima di fissare regole per il settore. «A mio avviso, è importante che la partita si giochi a partire da operatori che hanno capacità e dimensioni tali da poter sostenere le fasi di sviluppo. (con i soldi propri e non dello stato) È normale che la parte esplorativa sia condotta dalle aziende più grandi, come Eni, Enel, Terna o Snam. Questo potrebbe porre un problema di unbundling,(spacchettamento) come sostenuto da alcuni, ma al momento vedo problemi più potenziali che sostanziali, di interferenza tra aree di attività. Molti dei progetti degli operatori sono per ora solo esplorativi. Vediamo come si svilupperà il mercato, (ci sono solo bonus pubblici da spartire) quale direzione prenderanno le tecnologie, se si indirizzeranno maggiormente verso il settore trasporti o in quello dell’energia nessuno dei due. Progressivamente si potrà definire il perimetro delle regole: è uno di quei casi in cui l’innovazione va governata in divenire». Con una avvertenza ulteriore, le regole devono essere uguali per tutti i paesi della Ue: «In giro per l’Europa non tutti hanno la stessa interpretazione della separazione proprietaria tra reti e produzione nel settore energia. La cosa importante è che non si creino asimmetrie nelle potenzialità di accedere e sviluppare questa tecnologia. Si parla senza aver ancora capito a cosa serve ecc. Insomma, è importante creare un comune campo di gioco». Ma in Italia come sarebbe meglio utilizzare l’idrogeno? «A mio avviso – risponde Besseghini – non ci sono molto settori industriali potenzialmente interessati. I tedeschi hanno deciso che è prioritario per l’automotive, chi lo dice ? Interessante è la posizione della svedese SCANIA che dopo essersi cimentata seriamene nella produzione di autocarri ad idrogeno elettrici e convenzionali ha deciso di uscire definitivamente dall’idrogeno noi potremmo destinarlo alla siderurgia nessuno ha mai pensato di utilizzare idrogeno elettrolitico in siderurgia, ad alcuni settori energivori e naturalmente in quei settori in cui è già ampiamente presente come la raffinazione che non utilizzerà mai idrogeno elettrolitico ma che lo produce e lo produrrà da reforing con produzione di CO2 e va bene così. Non sfruttare anche questa tecnologia per la decarbonizzazione dell’Ilva, la più grande acciaieria d’Europa sarebbe veramente curioso» Benissimo potrebbe risolvere il suo problema di inquinamento ed utilizzare l’idrogeno blu o ancora meglio direttamente metano mentre sarebbe disastroso se utilizzasse idrogeno elettrolitico per costo e emissione di CO2. Infine, il presidente dell’Authority dice la sua sulla querelle del momento: se sia meglio puntare sull’idrogeno verde (da rinnovabili) o blu (da gas naturale con cattura della CO2). «Non bisogna cadere nella trappola delle battaglie ideologiche. Può succedere che siccome lo voglio verde a tutti i costi, faccia grandi investimenti per risultati modesti. Personalmente, sono per un approccio più pragmatico. Non vedo come drammatica una prima fase blu: se questo consentirà di abbattere le emissioni del petrolchimico ovvero sotterrando la CO2 come disastrosamente ha fatto l’Enel con la centrale di Brindisi che sotterra la CO2 nella pianura padana sarà già un risultato importante. Soprattutto permetterà di consolidare tecnologie ed usi. Si arriverà a una fase verde probabilmente quando i costi delle rinnovabili e degli elettrolizzatori si abbasseranno ancora solo se potremo regalare l’energia elettrica. Ma a quel punto lo deciderà il mercato che non ci sarà ».
I tedeschi hanno deciso che è prioritario per l’automotive, noi potremmo destinarlo ai settori energivori. Non sfruttare questa tecnologia per la decarbonizzazione dell’Ilva sarebbe veramente curioso sarebbe curioso non utilizzare il metano per evitare l’inquinamento della città.
Intanto sono spariti 10 miliardi per l’efficienza delle case (vedi link)