Può sembrare strano, per certi aspetti quasi fuori dal mondo, ma ancora oggi i rapporti tra Autostrade e Stato italiano dipendono dall’ultima convenzione stipulata tra le parti, nel 2007. Convenzione che era nata in un certo modo, per poi fare la fine di una statuina di argilla modellata dai Benetton a loro immagine e somiglianza.
Nel 2006, come abbiamo visto, tutto il sistema sapeva dell’inconcepibile sbilanciamento di potere a favore di Autostrade, nel frattempo privatizzata (1999). Nell’ottobre di quello stesso anno il secondo Governo Prodi scrive un decreto legge per provare a mettere un freno ai privilegi delle concessionarie autostradali. Il decreto prova a ridefinire i rapporti tra Stato e signori del pedaggio sulla base di una convenzione unica.
L’obiettivo è innanzitutto riconoscere aumenti tariffari solo di fronte a un’effettiva realizzazione degli investimenti. Viene prevista l’automatica estinzione del rapporto se il concessionario non è disponibile a firmare la convenzione unica, con conseguente subentro dello Stato (tramite l’Anas) e senza alcun indennizzo da riconoscere alle società concessionarie stesse.
Il decreto poi prevede dei limiti per contrastare i conflitti d’interesse tra concessionarie e società di costruzioni, spesso azioniste delle prime, e rafforza i poteri di ispezione e controllo di Anas.
Insomma, il secondo Governo Prodi all’inizio sembra rendersi conto che nella grande commedia del business autostradale i Benetton fanno gli attori, gli spettatori e sono anche proprietari del teatro. Qualcosa deve evidentemente cambiare.
Peccato che già in fase di conversione del decreto tutta l’impalcatura dei buoni propositi cominci a essere smontata: per esempio si affievoliscono i limiti all’intreccio tra costruttori e concessionari.
Lo smontaggio prosegue con la legge 296 del 2006 (legge Finanziaria 2007), sempre del secondo Governo Prodi: si impongono obblighi di trasparenza solo agli appalti sopra la soglia comunitaria e soprattutto si riconosce un indennizzo ai signori del pedaggio in caso di decadenza della concessione. Tutto questo bel preambolo porta alla stipula dello schema di convenzione unica tra Anas e Autostrade nel 2007.
Peccato che le premesse siano talmente devastanti che in quello stesso 2007 il Nars, in pratica il Nucleo di consulenza di palazzo Chigi competente in materia di tariffe e servizi di pubblica utilità, esprime parere negativo sulla convenzione. E censura in particolare gli incrementi tariffari stabiliti per tutta la durata della concessione.
Niente paura, però, perché l’impasse determinato dal parere negativo del Nars viene superato con un bel colpo di bacchetta magica. Lo si fa con un decreto legge dell’aprile 2008 (dl 59/2008), convertito in legge nel giugno successivo (legge 101/2008).
E così, con la complicità di due Governi e due maggioranze parlamentari (a Prodi in quel momento succede Berlusconi), vengono approvati per legge tutti gli schemi di convenzione. Avete capito bene, per legge.
Con buona pace di tutte quelle garanzie su pedaggi, investimenti e controlli che nel 2006 si era provato a inserire. O si era fatto finta di voler inserire.
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