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Nell’orda degli Outlet di Parndorf

beppegrillo.it - Settembre 10, 2019

di Saverio Pipitone – 8.30 di giovedì 22 agosto 2019. Nelle adiacenti megastrutture Designer Outlet e Fashion Outlet di Parndorf è il giorno del Late Night Shopping: sconti eccezionali fino all’80% e chiusura alle 23.00. Posizionate strategicamente in Austria, al confine con Slovacchia e Ungheria, racchiudono 230 negozi e 20 ristoranti su 70.000 metri quadri tra portici, gallerie e edifici, in architettura viennese.

Il parcheggio è quasi pieno e nel giro di qualche ora non ci sarà posto con migliaia di auto dalle targhe di diversi paesi europei, più dei pullman con passeggeri di nazionalità lontane quali statunitense, giapponese, coreana, araba ed altre. Davanti ai punti vendita, decine di persone sono ordinate in fila, aspettandone l’imminente apertura, per accaparrarsi le merci griffate low cost.

L’outlet è un format distributivo generato dall’alleanza fra imprese immobiliari che costruiscono ed amministrano il center e industrie di beni di largo consumo nella gestione diretta dello store, che di solito è monomarca e di prestigiose firme. Dall’abbigliamento agli accessori e dai gioielli ai casalinghi, il saldo è perenne, in genere dal 30% al 70%, trattandosi di rimanenze di magazzino, cioè collezioni passate o fuori moda e modelli difettati, sostanzialmente dei rifiuti da smaltire. Nonostante lo sconto, il produttore mantiene il prezzo finale piuttosto elevato per parecchi articoli, evitandone la svalutazione, come invece accadrebbe se finissero nel canale indiretto dei mercati cittadini o rionali con un costo maggiormente abbassato ed accessibile a tutti.

Negli Outlet di Parndorf, durante la giornata una marea di gente intasa le vie e si riversa nei punti vendita, ci sono code ovunque, è stimata la presenza di 80.000 visitatori. Molti marciano agitati, con sguardo fisso e sbarrato, nemmeno si accorgono degli ostacoli del percorso, sbattendo in qua e in là; per loro l’unico tarlo è trovare l’oggetto giusto. È un’ammucchiata di individui all’assalto delle cose. Ci sono dei tipi rapidi nel fiutare il buon affare, chi compra in modo impulsivo o gli indecisi che cedono all’acquisto soltanto per uscire da uno stato di ansietà. Certuni, un po’ esausti, fanno pausa nelle artificiali oasi verdi allestite con divanetti, ombrelloni e musica, per una sensazione di vacanza. Altri ritornano nell’attiguo hotel a 4 stelle, con annesso centro benessere, dove alloggiano per due notti usufruendo del “pacchetto shopping”. Intanto, nella stessa area, degli operai lavorano all’edificazione di nuove strutture che, oltre agli esercizi commerciali, includeranno cinema multisala, motel e vari spazi ricettivi.

L’outlet è miscuglio di mercanzie e svaghi, per esperienze di shoppertainment, all’interno di una realtà simulata, dietro cui aleggia una precisa regia, alla maniera di un set cinematografico o palcoscenico teatrale, che riproduce un perfetto paesello in differenti stili architettonici con piazze, fontane, segnaletica, torri e case colorate dalle finte finestre. Vuoto di socialità, è popolato unicamente da comparse che recitano un copione della sola dimensione esistente: il consumo.

8.30 di giovedì 27 agosto 2015. Come ogni anno, è il Late Night Shopping. Nel corso della giornata, le auto, in entrata e in uscita per gli Outlet, restano però imbottigliate nella circostante arteria autostradale dell’A4, a causa di un intervento della polizia, per controllare e rimuovere, ad un paio di chilometri di distanza, un camion abbandonato nella corsia d’emergenza. Sulle fiancate ha l’insegna slovacca di pollame Hyza, anche se l’azienda non è più proprietaria del mezzo. Dal portellone posteriore, appena aperto, fuoriesce un liquido maleodorante; dentro la stiva, ammassati in 5 metri di superficie, ci sono 71 cadaveri di uomini, donne e bambini: iracheni, siriani e afgani, di età compresa da 1 a 56 anni, che fuggivano dalla guerra. Erano stati caricati a Roszke, sulla frontiera ungherese-serba, con destinazione Monaco in Germania, ma il contrabbandiere sigillò ermeticamente il container e nel tragitto, per mancanza di ventilazione ed alta temperatura, morirono asfissiati.

Un terrificante evento che cala il sipario sulla commedia consumista, svelando la complessità e tragicità della vita reale. Per la poeta Asiya Wadud a Parndorf, così pure a Calais e nel Mediterraneo, c’è un piano di faglia, uno squarcio tattile e irreparabile, che si estende «oltre il confinamento di questi particolari siti di migrazione, contenimento, e dislocazione. […] radicato nelle idee sbagliate coloniali».

L’AUTORE

Saverio Pipitone – Giornalista pubblicista e redattore economico-finanziario. Autore di articoli di varie tematiche, dalla critica economico sociale alla storia, dall’ecologia al consumismo. Oltre a Pesticidi a tavola, ha scritto i libri Shock Shopping La malattia che ci consuma (Arianna Editrice) e Forno a Microonde? No Grazie (Macro Edizioni). Blog: saveriopipitone.blogspot.com

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