di Beppe Grillo – La memoria ha una stretta relazione con le emozioni, ricordiamo quello che ci ha emozionato oltre ad essere importante. Questa è oramai una constatazione su cui resta ben poco da discutere. Se rievochiamo il passato trasformando le emozioni in rigidi cerimoniali, senza passione, significa che abbiamo trovato il modo per rimuovere, sotto una specie di controllo ipnotico, quello che è successo.
Le emozioni si congelano nelle espressioni identiche a quelle di Spock degli officianti istituzionali (il personaggio extraterrestre di Star Trek con le orecchie a punta, incapace di provare e riconoscere la paura, la gioia e qualunque altra forma di passione).
I giorni della memoria sono come le tecniche di decondizionamento dalla paura nel caso delle fobie, ripetute esposizioni a quello che la scatena che viene solo rappresentato e meno possibile vissuto. Le emozioni sono le ultime vittime di ogni tragedia e di ogni gioia, eppure sono l’essenza di ogni ricordo autentico. Come siamo attoniti e straniti dal fatto che il “ricordo di un amore viaggia nella testa” e poco nel cuore così, mentre ci raccogliamo in cerimonie anemiche, sentiamo soltanto amarezza.
La mia solidarietà e vicinanza più assolute vanno al capo dello stato, che ha scelto di non dire nulla e alle famiglie delle vittime, che hanno saputo imporsi e far allontanare gli innominabili (ma solo per oggi).
La voragine che ha sostituito il ponte Morandi è ancora lì, non è un ricordo da cui decondizionarsi in stolide cerimonie.
La ferita sanguina ancora, il corpo che la ha subita ha mostrato ancora tutto il suo carattere, Genova ci ricorda ancora la forma ed il contenuto del suo carattere: l’unica città italiana che ha davvero cacciato gli oppressori, e continuerà a farlo.
La presenza di Atlantia e Autostrade alla commemorazione di Genova era l’equivalente di Casapound oppure i nazisti dell’Illinois al memoriale di Sant’Anna di Stazzema.