I nostri vestiti sono un’espressione di individualità. Li scegliamo per renderci unici oltre che per comfort e protezione. Ma il costo ambientale dei nostri vestiti è in aumento.
L’impronta ambientale del settore è immensa. Si estende oltre l’uso delle materie prime. Insieme, l’industria globale dell’abbigliamento e delle calzature rappresenta circa l’8% delle emissioni mondiali di gas serra.
Facciamo qualche esempio: ci vogliono 3.781 litri di acqua per fare un paio di jeans. Il processo equivale a circa 33,4 chilogrammi di carbonio equivalente emesso, come guidare 111 chilometri o guardare 246 ore di TV su un grande schermo.
Solo il lavaggio dei vestiti rilascia nell’ambiente microfibre di plastica e altri inquinanti, contaminando i nostri oceani e l’acqua potabile. Circa il 20% dell’inquinamento idrico industriale globale è dovuto alla tintura e al trattamento tessile.
Eppure a livello globale, l’industria esercita un notevole potere. Vale ben 1,3 trilioni di dollari, impiegando circa 300 milioni di persone lungo tutta la catena di produzione.
Llorenç Milà i Canals, Responsabile del Life Cycle Initiative delle Nazioni Unite, ha affermato che “la moda rappresenta un’enorme opportunità per creare un futuro più pulito. Ma bisogna prendere provvedimenti per coinvolgere tutte le persone coinvolte nella catena produttiva, fino ai consumatori per affrontare i punti critici ambientali; definire e agire con coraggio su di loro.”
Come consumatori, questo significa acquistare meno. Alcuni studi stimano che l’indumento medio è indossato dieci volte prima di essere scartato. Si prevede che la domanda di abbigliamento aumenterà del 2% all’anno, ma il numero di volte in cui le indossiamo è diminuito di un terzo rispetto ai primi anni del 2000.
Questo spreco costa denaro e il valore delle risorse naturali. Della quantità totale di fibra utilizzata per l’abbigliamento, l’87% viene incenerita o inviata in discarica. Complessivamente, un camion della spazzatura di tessuti viene messo in discarica o incenerito ogni secondo.
Ci sono accorgimenti che tutti possiamo compiere oggi. Come controllare i materiali, di cosa sono composti, se sono durevoli, e magari tenerli più a lungo. Ridurre la quantità di vestiti che compriamo, riutilizzando e acquistando articoli di seconda mano o riciclati. Lavarli di meno e in modo più intelligente: usare un sapone liquido concentrato piuttosto che un detersivo in polvere, che è abrasivo e toglie via più fibre nell’acqua.
Il nostro atteggiamento nei confronti dei nostri vestiti ha bisogno quindi di un ripensamento. Ma le aziende? Cosa possono fare per invertire la rotta?
Un’indagine Pulse conferma che per molte aziende del settore la sostenibilità fa parte della propria strategia (in aumento rispetto allo scorso anno) ed è per questo che utilizzando nuove tecnologie innovative stanno iniziando a ridurre l’uso delle risorse.
Il cotone e il poliestere riciclato mettono ancora a dura prova l’ambiente, quindi trovare e sviluppare nuovi materiali sostenibili è fondamentale per ridurre il consumo di risorse naturali.
La chiave per un futuro sostenibile consiste nel ripensare radicalmente il modo in cui consumiamo e utilizziamo i nostri capi, interrompendo gli attuali modelli di business: acquistare meno e fare pressione sul nostro settore moda per progettare un prodotto più responsabile.