di Silvia Martucci – Questa riflessione nasce da una foto che ho visto qualche giorno fa: anni ’60, su uno sfondo di una città italiana, dei bambini giocano a pallone lungo una strada con qualche auto. Ho subito traslato l’immagine ai giorni nostri e traffico, strepitío di clacson, cemento e macchine in seconda fila, mi si sono parati innanzi con orrore, suscitando in me una riflessione: dove giocano i nostri bambini? I bambini che vivono in città?
Sembrerebbe una domanda alquanto sciocca: nei parchi ovviamente. Tuttavia scontata non è.
Pochi lo sanno ma la Convenzione internazionale di New York sui diritti del fanciullo del 1989 riconosce il diritto al gioco. L’Italia ha ratificato la Convenzione con la legge 176 nel 1991. L’articolo 31 riconosce al minore il diritto al riposo, al tempo libero e a dedicarsi al gioco e alle attività ricreative proprie della sua età. Il diritto al gioco è il diritto alla piena manifestazione del carattere del bambino.
A fronte di ciò, siamo proprio sicuri di fare in modo che i bambini possano esercitare i propri diritti naturali?
Ho vissuto all’estero per molti anni, dapprima negli Stati Uniti e successivamente nel Nord Europa. Sono una mamma di due bambini e un avvocato. Nella mia esperienza di mamma ho potuto vivere in prima persona le soluzioni adottate dagli altri paesi riguardo il sistema ludico-ricreativo per i bimbi di città.
In ogni quartiere, nelle città del Nord Europa, ci sono spazi tra i palazzi creati appositamente per i bambini, per farli giocare e stare insieme: un’area condominiale comune, che può essere un cortile, una parte di strada o un marciapiede limitrofo; uno spazio fornito di giochi, come altalene e simili per i più piccoli, ma anche piccoli campi dove all’occorrenza poter giocare a pallone.
In Germania gli “Spielplatz” sono delle aree ricreative studiate appositamente per i bambini; possono trovarsi all’interno di un parco ma molto spesso sono inserite in contesti urbani. Dove noi abbiamo palazzi e marciapiedi senza nemmeno una pachina, all’estero ogni luogo è dedito al bambino.
Ma dove si trova lo spazio in una città come Roma, Napoli, etc. mi direte voi? (Alcuni dati Ispra ipotizzano la cementificazione – e quindi il consumo di suolo – come l’equivalente di 15 nuove città ogni anno fino al 2050!)
Ed è qui che sta il compito dell’urbanista: prevedere degli spazi aperti in cui i bambini possano giocare trovando il proprio spazio vitale. Uno spazio fatto a misura di bimbo, come risultato di uno studio coordinato di pedagogisti, psicologi ed urbanisti. Meno auto, meno cemento, meno centri commerciali.
Nelle nostre città i bambini sono i più sacrificati e molto spesso sono vittime di attacchi comuni da parte dei genitori che li vedono sempre e solo con i videogiochi in mano. Ma d’altronde quali alternative ci sono? Se non creiamo degli spazi di quartiere dove possano stare in sicurezza, questi bambini e ragazzi dove potranno mai stare?
Le città vanno ripensate, i quartieri e i palazzi vanno ridisegnati a misura di uomo e di bambino. Tutto deve essere raggiungibile a piedi nell’arco di 500 metri.
E anche la nostra mentalità deve cambiare totalmente.
Molto spesso i bambini che giocano nei cortili “disturbano la quiete del condominio!”. Da quanto tempo non sento le urla gioiose dei bimbi nel cortile sotto casa?
La Cassazione ha stabilito che qualsiasi clausola del regolamento condominiale che vieta il gioco dei minori è nulla. Le parti in comune, infatti, possono essere utilizzate da tutti i condomini, anche dai bambini, secondo l’articolo 1102 del codice civile. L’unico limite è quello di non impedirne l’uso ad altri o di non mutarne la destinazione».
Nessun vicino di casa, dunque, può vietare ai bambini di giocare. «Il divieto è sempre illecito ma i condomini possono regolamentare l’attività ludica con delle clausole specifiche: ad esempio si può stabilire che dalle 14 alle 16 del pomeriggio non sia possibile giocare negli spazi in comune».
Negli Stati Uniti, così come in molte parti d’Europa, alcune aree dei palazzi/residence sono aree comuni per bambini e adulti, le cosiddette “clubhouse”: pensate alle nostre terrazze condominiali, quasi mai utilizzate, e ora pensate se al loro posto ci fossero delle aree giochi/relax arredate con tavoli, computer , giochi etc … Maggiore sicurezza per i bimbi, che non devono addentrarsi per le via della città alla ricerca di un campo giochi, e maggior relax per i genitori che molto spesso vedono sacrificare il proprio tempo in macchina girando e rigirando alla ricerca di una soluzione ricreativa per il proprio piccolo.
Non aspettiamoci che sia la politica a realizzare ciò che possiamo fare noi cittadini, dobbiamo farlo noi, spinti soprattutto dall’amore verso i nostri bimbi.
Ne è un esempio la realtà nata a Correggio, in provincia di Reggio Emilia: un quartiere realizzato da una cooperativa (da un’idea dell’Architetto Luciano Pantaleoni) periferico semi-dismesso, ribattezzato Coriandoline, è stato interamente progettato dai bambini attraverso un percorso durato dieci anni. Gli spazi, come in una narrazione fiabesca, assumono colori e funzioni fino ad ora mai sperimentate. http://www.coriandoline.it/
A Roma, invece, nel quartiere Prati, alcuni condomini si sono accordati tra di loro e hanno realizzato un’area giochi all’interno del proprio cortile condominiale. Hanno aperto l’accesso a tutti i bambini che vivono nel quartiere ed ogni giorno è popolato da una miriade di bimbi e dalle loro grida di gioia.
Non voglio sembrare anacronistica e so che nessuno potrà mai più giocare per strada ma dobbiamo riflettere sul fatto che le nostre città sono anche dei nostri figli e che le loro esigenze vanno rispettate.
Valorizzare le nostre città e rimodularle per le esigenze dei ragazzi è un atto dovuto soprattutto perché, da mamma, non vorrei più sentire i miei figli che ogni tanto, con un velo di tristezza negli occhi mi dicono: “vorrei tornare dove eravamo prima (all’estero), almeno lì potevo stare fuori e giocare.”