di Paola Pisano – Il processo di digitalizzazione della Pubblica Amministrazione ha portato miglioramenti sostanziali: semplificazione e velocizzazione delle pratiche, riduzione dei tempi, abbattimento dei costi. Da quando nel 2014 il Processo Civile Telematico è diventato pienamente attivo su tutto il territorio nazionale si è avuta una riduzione dei tempi di emissione per un decreto ingiuntivo del 50% (la media di emissione di un decreto ingiuntivo telematico nel distretto di Roma si aggira sui 28 giorni rispetto ai 12 mesi precedenti all’obbligatorietà). Secondo una ricerca del Politecnico di Milano ogni 50 decreti ingiuntivi circa, l’uso della sola notifica telematica (invece che cartacea) fa risparmiare quasi 10 mila euro all’anno al singolo studio legale e circa 35 milioni di euro per il sistema Paese.
Proprio il mese scorso il Ministro della Giustizia Orlando affermava che le comunicazioni telematiche di cancelleria negli ultimi tre anni hanno permesso un risparmio per la collettività stimato in 178 milioni di euro.
Tuttavia, l’impressione è che la tecnologia non sia utilizzata al meglio, sfruttandone appieno le potenzialità. Analizzando i procedimenti burocratici all’interno della PA si nota che troppo spesso il cambiamento consiste in un semplice passaggio dall’analogico al digitale, dall’offline all’online, ma la base del processo è rimasta la stessa, a volte invariata da decenni.
In questo contesto l’unico modo per implementare ulteriormente le prestazioni dei servizi resta quello dell’aggiornamento informatico, il che si traduce prosaicamente in costi elevati e ripetuti ciclicamente proprio in un’epoca in cui i fondi scarseggiano in tutti i settori.
Diventa quindi necessario provare a cambiare paradigma, trovare il modo per erogare i servizi in modo più semplice, tecnologicamente meno complesso, più sicuro (visto il crescente utilizzo di dati) e ovviamente meno costoso.
È con questi obiettivi che già a giugno 2017 la Città di Torino si è avvicinata alla blockchain, considerata l’innovazione più importante avvenuta in ambito informatico negli ultimi trent’anni, avviando un percorso di studio approfondito su vantaggi, rischi e ambiti di utilizzo della tecnologia.
La blockchain (detta anche Distributed Ledger Technology, DLT) è un database distribuito, una sorta di grande libro mastro su cui sono registrati tutti i dati, un registro accessibile a tutti e in grado di memorizzare dati o transazioni tra due parti, in modo pubblico, permanente (non modificabile), verificabile, senza mediazione.
I dati contenuti in un database sono radunati in blocchi e condivisi in tempo reale con gli altri nodi della rete; ciascun nodo riceve e convalida i dati attraverso complesse procedure di verifica crittografica; i blocchi di dati validi sono quindi archiviati in ciascun nodo, concatenandosi ai blocchi precedenti — da cui l’espressione blockchain, ovvero catena di blocchi. (Cit. Marcella Atzori, advisor Ifin Sistemi e ricercatrice accademica affiliata alla University College of London).
Il primo lavoro su una catena di blocchi protetta da crittografia fu pubblicato nel 1991 da Stuart Haber e W.Scott Stornetta, mentre l’idea del primo blockchain distribuito risale al novembre del 2008, quando Satoshi Nakamoto, pseudonimo dietro cui si nascondono uno o più informatici, pubblicò il protocollo Bitcoin.
Nata come infrastruttura per gli scambi in criptovalute, solo in un secondo momento il suo utilizzo è stato allargato come impianto su cui eseguire altri tipi di applicazione.
Il 15 dicembre 2017 al fine di accrescere e divulgare sul territorio la conoscenza della Blockchain, Città di Torino, Università degli Studi di Torino e Nesta Italia, in collaborazione con numerosi altri partner, hanno organizzato “Blockchain for Social Good”, primo evento in Italia sulla blockchain e le sue applicazioni in ambito non finanziario, a cui hanno partecipato relatori nazionali e internazionali provenienti da pubblica amministrazione, mondo universitario, imprese private, no-profit ed enti di ricerca.
Nell’occasione è stato lanciato un premio di 5 milioni di euro promosso dalla Commissione Europea, un concorso aperto a privati, enti giuridici e organizzazioni internazionali per sviluppare soluzioni innovative, efficienti e ad alto impatto sociale utilizzando la tecnologia della blockchain.
I primi progetti in cui è stata avviata un’applicazione sperimentale di blockchain nella nostra città sono CRIO (Strumenti per la Lotta al Cyberbullismo sui social network nell’ambito della collaborazione giá in essere con il NIST, Nucleo Investigativo Scientifico Tecnologico della Polizia Municipale) e Co-City, progetto in cui la Città di Torino promuove nuove forme di amministrazione condivisa con la cittadinanza.
L’evento del 15 dicembre è stato anche utile occasione per consolidare rapporti e creare nuovi contatti. In particolare, è emersa la necessità di dare vita a un percorso di formazione sulla blockchain interno alla pubblica amministrazione che ha visto il suo primo appuntamento il 19 e 20 marzo e a cui hanno partecipato non solo i rappresentanti del Comune, ma anche l’ Università di Torino, CSI, Polito (Decode) – ISMB – top-ix, Nesta.
L’obiettivo della formazione è come sempre non solo portare valore all’interno della pubblica amministrazione, ma all’interno della città stessa affinchè grazie all’utilizzo di nuove tecnologie possano nascere ecosistemi e filiere che si innestino nel tessuto di competenze della nostra città
Durante il primo giorno il focus si è concentrato sugli scenari applicativi della blockchain nella pubblica amministrazione con un’esaustiva panoramica su potenzialità, limiti e situazione attuale della tecnologia, e approfondimenti mirati su utilizzi specifici quali disintermediazione dei processi di autenticazione, autorizzazione e audit, token, transazioni multi-firma, smart contract.
Questi ultimi, rappresentano un’enorme risorsa per il futuro, andando a rafforzare o addirittura a sostituire il sistema dei contratti tradizionali, con un abbattimento dei costi, dei tempi e dei rischi di inadempienza. Punto di forza degli smart contract è il fatto che sono eseguiti automaticamente, senza bisogno di intermediari e, allo stesso tempo, proprio per il meccanismo di verifica reciproca dei blocchi, possono consentire anche a soggetti che non si conoscono e non si fidano reciprocamente di interagire e concludere una transazione.
Il secondo giorno si è stato chiesto agli attori di proporre possibili servizi, disposizioni di legge o processi amministrativi (in ambito Pubblica Amministrazione) per le quali l’applicazione della blockchain potesse fornire un contributo concreto per ridurre i costi, creare o migliorare un servizio utile ai cittadini. Ne sono scaturiti 12 possibili progetti oggetto di studio e per ognuno di essi sono stati analizzati punti di forza, debolezze, rischi e opportunitá.
Fra quelli che hanno ottenuto più consensi, l’utilizzo della blockchain per identità digitale multilivello, token sociale (riconoscere, tracciare e incentivare l’impegno civile), sovranità e riconducibilità del dato, E-procurement (gestione gare, tracciabilità degli acquisti PA, registro fornitori trasparente) e tracciabilità e conservazione delle ricevute telematiche Pago PA.
Una delle riflessioni più interessanti di questa due giorni è stata quella legata alla natura delle reti (libere o di proprietà) applicabili in ambito di Pubblica Amministrazione, riflessione che investe la natura stessa della blockchain e dei motivi per cui è nata, cioè emanciparsi dal controllo di enti terzi e dare la possibilità al cittadino di accedere in modo autonomo ai propri dati e servizi.
Il punto di vista del cComune di Torino non è mai legato alla tecnologia ma sempre al servizio al cittadino, alla valutazione della sua sicurezza e semplicità di utilizzo: il grande dibattito tra rete libera e di proprietà ad oggi rischia di rallentare la sperimentazione della tecnologia e la verifica della sua effettiva utilità. Nascondersi dietro una scelta significa non fare e noi questo non lo vogliamo.
La PA, come le aziende e le università, dovrà sempre più assumere il ruolo di motore di innovazione, preparato ad attuare azioni concrete che garantiscano conoscenza e valore per tutti.
Obiettivo della Città di Torino, a questo punto del percorso, diventa inserire compiutamente la blockchain nella propria strategia di innovazione, ossia non solamente mettere in pratica l’utilizzo della tecnologia nella Pubblica Amministrazione, ma anche far sì che il territorio diventi attrattivo e luogo privilegiato per aziende e start-up che utilizzano la blockchain.
Prossima tappa: la creazione di un osservatorio sulla blockchain e una call for action sulle aziende.