925 milioni di persone soffrono la fame nel mondo mentre il prezzo del cibo sta aumentando. Dallo scorso luglio è cresciuto del 18%. La malnutrizione è la principale causa di morte, molto prima di malattie come l’AIDS, malaria o TBC. La maggior parte delle nazioni affamate si trova in Africa. Con queste premesse il primo pensiero degli Stati più ricchi dovrebbe essere quello di aiutare l’Africa e non di sfruttarla.
13 milioni di etiopi non hanno cibo sufficiente, il governo etiope ha però offerto tre milioni di ettari di terra coltivabile a nazioni dove la fame è sconosciuta. 1.000 ettari sono già stati affittati per 99 anni da un miliardario saudita e coltivati con serre, costruite con la miglior tecnologia, che producono 50 tonnellate di cibo al giorno inviate entro 24 ore nei ristoranti di tutto il Medio Oriente. Uno studio della società Grain ha rilevato che 50 milioni di ettari di terra fertile (quasi due volte la superficie dell’Italia) sono stati acquistati da gruppi economici internazionali o direttamente da governi dei primi Stati del mondo. Il Darfur non è solo un eccidio, è anche un affare. Jarch Capital, una società di investimenti di New York ha affittato 800.000 ettari nel sud del Sudan. Il ritorno economico stimato è almeno del 25%. India, Cina e Corea fanno shopping da anni di suolo africano in Mozambico, Madagascar, Kenya e Senegal. L’Africa è la grande abbuffata del pianeta alle spalle dei morti di fame. La UE fa, come tutti, la sua parte. Con la direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili si è posta l’obiettivo di produrre il 10% di energia con biocarburanti entro il 2015. Secondo l’organizzazione ActionAid le società europee di biocarburanti hanno già acquistato quasi 4 milioni di ettari che diventeranno in futuro 17,5 milioni.
I disordini dovuti alla fame sono sempre più frequenti, le cause sono l’erosione del suolo nelle nazioni più sviluppate per la cementificazione e l’inaridimento per le colture intensive, e il cambiamento del clima con inondazioni gigantesche, come in Pakistan, o incendi mai visti prima, come in Russia che ha dovuto vietare l’esportazione di grano. La guerra del cibo è al suo inizio e in confronto, quella del petrolio sembrerà una passeggiata. Sullo scacchiere mondiale si stanno muovendo, per impossessarsi delle aree coltivabili, le nazioni più potenti, come in un Grande Risiko. Un neocolonialismo della fame che non può durare nel tempo, non si può pensare che l’Africa o in Sudamerica, dove la Cina è presente con l’acquisto di immensi territori agricoli, non trattengano le loro risorse alimentari in caso di crisi mondiale. Non si possono bombardare i terreni coltivati. In futuro la vera ricchezza sarà un campo di grano, un orto, una serra. Possibilmente vicino a casa.
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