(3:06)
Cosa può fare uno Stato europeo per sostenere la propria inefficienza e non fallire? Per spendere più di quanto incassa? Una volta, in caso estremo, si svalutava la moneta. Tutti i cittadini diventavano più poveri del 20/30%. L’esportazione aumentava a causa dei prezzi dei prodotti più competitivi. Si stringeva la cinghia e si ripartiva. L’euro ha reso questa operazione impossibile, ma la creazione di debito nazionale è rimasta intatta attraverso l’emissione di titoli di Stato. A tutti gli effetti, i titoli di Stato hanno sostituito la capacità di battere moneta. Il rapporto tra valore prodotto e indebitamento dà una indicazione della salute di una nazione. Meno produci, più ti indebiti, più la bancarotta è vicina.
L’emissione di debito attraverso i titoli di Stato non ha alcun limite fino a quando qualcuno li acquista, si riescono a pagare gli interessi e a rimborsare il valore dei titoli alla scadenza. Se le finanze pubbliche, come nel caso dei PIIGS, peggiorano, gli interessi da riconoscere sui titoli emessi aumentano e i compratori diminuiscono a causa del possibile rischio default. Se i PIIGS falliscono, i loro creditori, gli Stati virtuosi del Nord Europa, possono fallire a loro volta. Le banche europee indebitate per centinaia di miliardi di euro, tedesche, olandesi, francesi sarebbero travolte da un default italiano o spagnolo.
C’è qualcosa di diabolico nell’emissione di debito e nel suo contagio. La creazione del debito è fuori dal controllo dei cittadini. Tremorti, ad esempio, ha indebitato nell’ultimo anno gli italiani per un centinaio di miliardi senza chiedere niente a nessuno. Poi ha rivenduto il debito in parte agli italiani che aveva indebitato (un perfetto 69, belin) e in parte lo ha distribuito in giro per il pianeta. La forza del debito è nella apparente sicurezza dei titoli di Stato, il rendimento può essere più basso rispetto ad altri investimenti, ma infondono sicurezza. Il rimborso del loro valore nominale alla scadenza è apparentemente garantito, cosa non vera per le azioni di Borsa che cambiano il loro valore in funzione del mercato. Il titolo di Stato, in sostanza l’acquisto di un debito di terzi, è un totem: lo Stato non può fallire. Questa credenza popolare permette agli Stati di vendere il loro debito e quindi di continuare a indebitarsi. Se lo Stato fallisce si perde di solito tutto il capitale investito in un colpo solo attraverso la “ristrutturazione del debito“, una definizione soave che lascia il sottoscrittore in mutande.
L’Europa per non fallire ha accettato di comprare titoli di Stato dei PIIGS altrimenti invenduti. A questo servono i 750 miliardi di euro stanziati (insufficienti secondo molti analisti). A comprare debito creato da governi incoscienti. Il tabù del titolo di Stato intangibile, rimborsato comunque a scadenza, va eliminato. Lo Stato va valutato come una qualunque società per azioni, se il suo valore economico scende, il titolo deve perdere anch’esso valore per chi lo detiene. Gli investimenti si sposterebbero sulla creazione di valore, non sulla distruzione di valore. Creare il debito è da sciagurati, venderlo è metafisico, comprarlo è da folli.