Liberamente tratto da “Ventotto domande per affrontare il futuro” di Theodore Zeldin
Le loro polizze sono ciò che protegge da una vasta gamma di timori, ma sono anche un inedito stimolo per l’ansia. Le nuove generazioni ricevono una quantità sempre maggiore di stimoli dal mondo esterno, stimoli con cui confrontarsi continuamente e, per questo, sono sempre più mosse da altre ambizioni ed emozioni che competono contro la paura. Vogliono una vita piena e delle buone relazioni interpersonali. L’industria assicurativa non è al passo con questi sviluppi. Ha un contatto minimo con i giovani, dà per scontato che siano troppo poveri per spingerli a fare un investimento.
I giovani però investono in altri settori (musica, viaggi, moda, telefoni, ecc) perché questi li aiutano a sviluppare relazioni interpersonali. L’assicurazione offre una protezione negativa, promettendo un risarcimento a cose fatte, senza tener conto delle aspirazioni giovanili. Perché invece dell’assicurazione contro i disastri, non offre una assicurazione che garantisca le opportunità? Opportunità altrimenti inaccessibili?
Le assicurazioni si muovono con logiche diverse, usano il criterio dei rimborsi garantiti senza chiedere ai propri clienti cosa altro potevano desiderare. Si sono concentrate sul denaro.
Tuttavia metà della popolazione mondiale ha meno di 25 anni, non ha molto denaro e nutre passioni piuttosto diverse. Le assicurazioni e i giovani sono su due mondi lontani.
Nessuna compagnia ha mai pensato che la loro funzione potesse essere quella di lasciarsi coinvolgere dalle ambizioni dei giovani. Così è toccato ad altri settori (mobile e gaming su tutti) assicurare i giovani contro le loro paure più terribili, vale a dire la noia, la solitudine e la mancanza di riconoscimento.
Finora nessuno ha mai pensato che un assicurato avesse qualcosa da dire ad un altro assicurato. I 30 milioni di assicurati di Generali sono risorse inutilizzate perché hanno conoscenze, esperienze e reti di contatti necessarie per aiutare i giovani con le loro preoccupazioni più urgenti.
I rimborsi per un evento negativo non bastano, la speranza è più importante, soprattutto del genere che non si può comprare, ovvero la speranza che la propria conoscenza ed esperienza possano tornare utili a persone che di solito non si incontrerebbero e la speranza di imparare da altri cose che non avremmo mai pensato potessero rivelarsi interessanti.
Se le assicurazioni contribuissero di più ad aiutare le persone, ad aiutarsi a vicenda aumentando la loro comprensione reciproca, darebbero una nuova direzione alla lotta contro la paura. La paura non può essere eliminata del tutto, ma può essere repressa o dimenticata quando la mente viene assorbita da nuove ed eccitanti avventure, da un progetto. Ecco perché le compagnie assicurative sono realtà incomplete. Esiste però un futuro per quelle tra loro che sapranno aprire nuove opportunità a chi si sente isolato, preoccupato o pieno di speranza.