di Beppe Grillo
Forse ci siamo sempre illusi di vivere su un’isola solida, un approdo sicuro, con la spiaggia bianca, il fuoco acceso, la cena che bolle in pentola e la sensazione che nulla potesse crollare sotto i nostri piedi. Poi però il terreno ha iniziato a tremare, perché non era terraferma. Era il dorso di un pesce gigante, e quando quel pesce ha sentito il calore, ha fatto quello che fanno i pesci, si è inabissato. E noi, tutti giù in mare.
Questa non è una storiella, è la nostra storia, quella di oggi. Ernst Bloch, nel “Principio Speranza” lo raccontava come metafora. Sinbad che naufraga, perde tutto, rischia di annegare ma si aggrappa a un legno e sopravvive. Così noi, credevamo di avere una società solida e invece era un dorso scivoloso. Pensavamo di avere lavoro, diritti, pace, progresso. Tutta una illusione. Abbiamo acceso troppi fuochi sulla pelle viva del pianeta e ora il pianeta si ribella. Oltre 40 guerre in corso, 90.000 morti a Gaza, 700 milioni di esseri umani in povertà estrema, mentre 5 persone hanno raddoppiato la loro ricchezza in 2 anni. È un pianeta diviso in due, da una parte chi non ha più nulla, dall’altra chi ha tutto e ancora pretende di più. Questo è il capitalismo, la sua vera faccia; un mostro che divora mari, foreste, corpi e anime. La crisi è totale, climatica, sociale, politica, economica, cosmica. Il dorso del pesce non lo possiamo rattoppare con le toppe dei vecchi partiti, con le menzogne delle lobby, con i talk show in prima serata, con i fuffaguru. Non serve un’illusione in più, serve una nuova riva.
E qui entra in gioco il “non ancora” di Bloch. Il non ancora è la convinzione che nell’essere umano, nella società e perfino nella natura ci sia sempre qualcosa che non è compiuto, che preme per emergere, che tende al futuro. È guardare il presente con i suoi disastri, le guerre, le disuguaglianze, e nello stesso tempo vedere i germi di qualcosa che può nascere.
Mi sento l’unico postumo vivente al mondo. Più di 25 anni fa parlavo di transizione ecologica, nei miei spettacoli facevo vedere lo spazzolino da denti con la testina removibile o parlavo di idrogeno, di stampanti 3D, e tutti ridevano. Oggi è sopravvivenza. Sul palco parlavo di comunità energetiche; univo due cavi, uno dell’informazione e uno dell’energia, come briglie che tenevano il mondo. Sembrava una provocazione, oggi è la fotografia del nostro presente, chi tiene in mano quei cavi decide la direzione di tutti. Parlavo di città di 15 minuti, e dicevano che era fantascienza. Oggi è l’unica urbanistica sensata. Parlavo di politica a sorteggio, e mi prendevano per pazzo. Parlavo di reddito universale e scuotevano la testa. Eppure in un mondo dove l’automazione cancella lavoro ogni giorno, senza reddito universale ci sarà solo fame. Abbiamo seminato idee che sembravano troppo avanti, ora sono necessarie e indispensabili.
Non è più tempo di aspettare che il pesce si giri di nuovo e ci offra un’altra illusione di terraferma. È tempo di buttarsi e nuotare insieme verso una riva che ancora non vediamo ma che sappiamo esiste.





