“Di quel periodo ricordo chiaramente le urla di mia madre al telefono, è la cosa che mi è rimasta più impressa. Era da poco passata l’ora di pranzo e ho telefonato a mia madre per dirgli che il viaggio in treno era andato bene, eravamo partiti alle 10:10 dalla stazione di Bologna, la nostra meta era stata raggiunta, a Rimini, ignari di tutto. Non mi ha lasciato nemmeno parlare, urlava di pianto perchè temeva che anch’io e i miei amici potevamo essere tra le vittime. Non capivo, lei mi spiegava singhiozzando e nello stesso tempo si sentiva che era sollevata dal fatto che io ero li, al telefono, e non sotto le macerie, sentivo le voci delle madri dei miei amici attraverso la cornetta del telefono, che ci passavamo di mano in mano in seguito ai nomi che ogni madre chiamava al ricevitore. Non capivo bene, non capivamo. 20 giorni dopo al rientro dalle vacanze capii del tutto cosa era successo, capii cosa era rimasto di quella giornata, di quel mattino che ha sporcato di nero le pagine della nostra storia, per sempre. Era il 2 agosto 1980”. Moreno Corelli
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