“Caro Mercato,
fai parte ormai della mia vita. Ogni giorno mi informo sulla tua salute, sui tuoi sentimenti (“il sentiment“). Al mattino, a colazione, osservo i tuoi primi turbamenti dalla Borsa di Tokyo e all’ora di pranzo mi collego a Wall Street. Piano, piano, senza che me ne accorgessi sei diventato per me moglie, sorella, amante, figlio, mutuo, debito. Sei la mia magnifica ossessione. Mi prendo cura di te come di un Tamagochi. Per capirti ho imparato il tuo linguaggio, parole come spread, bund, derivati, cds, gdo, debito pubblico, swap, bail out mi sono familiari come pappa, mamma, cacca. Sei il primo oggetto di conversazione “Come va il mercato?” “E’ stabile?” “Si sta riprendendo?” “Fluttua?” “Cresce?“. Ti deprimi quando non sono ottimista. Qualche volta “bisogna convincerti“, altre volte “ti blocchi“. Al posto dell’aspirina ti curano con le iniezioni di liquidità, ma per te non sono mai abbastanza. I patti di stabilità non ti piacciono, la tua natura è volatile, da sempre si dice infatti che “il mercato è volatile“. Sei libero da qualunque catena, da ogni governo, da ogni controllo. Voli lassù con le agenzie di rating, le tue compagne di svago. Ti rialzi e ti abbassi, qualche volta precipiti, ma mi sorprendi sempre con un picco speculativo improvviso, per poi lasciarmi nella disperazione, vicino al default. Sei uno e molteplice, come si conviene al nuovo dio di questa civiltà. Sei il mercato del petrolio, del cibo, dell’acqua, del gas, delle automobili, del latte, delle case. Ogni cosa in questo pianeta ti appartiene e tu sei in ogni cosa. Sei indefinibile e indefinito. Non hai volto e hai mille volti. I centri dell città testimoniano la tua presenza e la tua gloria con immensi edifici bancari in cui si entra con rispetto e timore. Nessuno mette mai in discussione la tua autorità anche se non hai leggi. Gli Stati si inchinano e falliscono di fronte alla tua potenza, almeno finché non si incazzano. La sera, prima di dormire, guardo i tuoi trend, il tuoi battiti del cuore, e mi addormento con le cambiali sul comodino, al lume di una lampada comprata a rate.”
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