di Beppe Grillo – Quando parlo del reddito di cittadinanza c’è subito qualcuno che esordisce dicendo: “Non è giusto, io lavoro e anche tu, che non fai niente, prendi i soldi”. Lo dicono sempre con un sacco di rabbia, di astio. Questo perché il posto di lavoro è percepito come qualcosa da difendere. A tutti i costi.
Prima di tutto facciamo chiarezza su cosa sia questo reddito di cittadinanza e reddito di base. Spesso sono fraintesi.
Il reddito di base incondizionato non ha nulla a che vedere con il salario minimo, perché i salari vengono dati in cambio di una attività svolta. Questo, invece, viene dato a tutti gli appartenenti ad una certa classe. Per esempio agli “italiani”.
In Svizzera, per esempio, si sta per lanciare proprio adesso questa iniziativa. Zurigo sperimenterà per la prima volta in Europa un progetto, che prevede 2200 euro per gli adulti e 550 euro per i minorenni.
Il reddito di cittadinanza, al contrario, è previsto solo per chi è in un momento di bisogno e solo a condizione di accettare un lavoro proposto dai centri per l’impiego. Dopo un massimo di 3 proposte rifiutate, il reddito non viene più erogato. Il reddito di cittadinanza esiste già nella maggior parte dei Paesi Europei e non ha senso chiedersi se possa funzionare. Già funziona.
Quello che abbiamo di fronte è un cambio epocale. Le capacità produttive e le conoscenze tecnologiche e sociali aumentano a dismisura, come non era mai successo nella Storia umana. Esiste ormai la consapevolezza che nuove sfide poste dalla globalizzazione e dalla digitalizzazione non possono essere affrontate con l’attuale sistema di protezione sociale. Un sistema che ormai risale alla seconda metà del secolo scorso. Quello era un altro mondo, che non esiste più.
Molti posti di lavoro non hanno più senso di esistere e oggi, invece, si chiede agli Stati di aumentare la produttività, per uscire dalla crisi e diminuire il debito. Ma proprio dove si aumenta la capacità produttiva, si aumenta anche la disoccupazione. Non abbiamo più bisogno di lavorare così tanto. Le ore lavorative dovrebbero diminuire almeno a 5 ore al giorno.
Ma in realtà non dovremmo parlare del lavoro. Si tratta di capire che il concetto di lavoro e, più in generale, il concetto sociale di vita, è cambiato. Andiamo verso un’epoca in cui il salariato non avrà più ragion d’essere.
Molte persone sono convinte di avere un posto di lavoro ma hanno solo un posto di reddito.
Perchè è il reddito che ti include nella società, non il lavoro. Abbiamo l’idea che l’uomo non possa far altro che lavorare, che la sua finalità ultima su questa terra sia avere un lavoro. Niente di più sbagliato. Abbiamo abitato questo pianeta con una moltitudine di ordini sociali, i quali per la maggior parte, soprattutto agli albori della nostra Storia, non prevedevano nessun cartellino da timbrare o reddito da esporre. Pensiamo che sia così, ci siamo abituati così, ma sono immagini, sono BIAS cognitivi (termine del linguaggio scientifico che indica tendenza, inclinazione, distorsione).
Siamo abituati ad andare a lavoro, a pensare la nostra vita in termini di cosa facciamo. Le nostre città sono costruite per ospitare un popolo di formiche operaie, ma la metà (se non tutti) dei cosiddetti lavori manuali ripetitivi e quelli da scrivania, o a bassa creatività, possono essere sostituiti già oggi con la tecnologia esistente.
Quante persone ogni mattina lasciano il computer di casa propria, passano un’ ora tra traffico e parcheggio, per andare al computer che hanno in ufficio. Il lavoro da casa potrebbe essere già da domani reso obbligatorio dove possibile.
Ma allora di cosa parliamo in realtà?
La tecnologia ci sta liberando da molti lavori e sta facendo emergere un tempo diverso: il tempo libero. Dimensione ignota fino ai primi del ‘900, è oggi la chimera di tutti i lavoratori. Si fatica un anno per fare 10 giorni di ferie. Siamo all’assurdo.
Noi non conosciamo il tempo libero, non siamo abituati a divertirci. Quanti di voi hanno un vero hobby? Una vera passione? Qualcosa che piaccia così tanto da volerla fare per tutta la vita?
E’ incredibile come possiamo immaginare una vita passata a lavorare, a fare qualcosa che non ci piace, magari agli ordini di qualcuno con cui non andiamo d’accordo, ma non riusciamo a pensare di fare qualcosa che semplicemente ci diverte. Magari anche con le persone che amiamo.
Attualmente in Italia 17 milioni di persone sono a rischio di povertà, 8 milioni sono le persone povere, 4 milioni e mezzo sono le persone in povertà assoluta, 1 milione 250 mila bambini sono in povertà assoluta.
Non possiamo più permetterci di provare ansia, paura, instabilità.
Le risorse ci sono, ci vuole solo la volontà politica.
Che futuro avete in mente voi?
Di seguito vi allego questo fantastico docufilm di Daniel Häni e Enno Schmidt. Assolutamente da guardare e condividere. E’ sottotitolato in italiano. Buona visione!