Ogni anno si tengono centinaia di conferenze, meeting, incontri e dibattiti di ogni tipo sugli oceani e sulla salute umana. Tutte sono pensate per attirare l’attenzione della gente sull’inquinamento degli oceani.
Ma dopo tutti questi sforzi, dopo tanti milioni spesi, sembra proprio non interessare a nessuno. Perché?
Di fatto la maggior parte delle persone si preoccupa dell’ambiente solo quando influenza direttamente la loro vita. Oppure quando è visibile e inevitabile.
Guardiamo i cambiamenti climatici. Non hanno ancora influenzato la maggior parte delle nostre vite in un modo veramente significativo. Ma non sono nemmeno invisibili. Stiamo iniziando a vedere il loro impatto intorno a noi. Percepiamo che qualcosa è cambiato. Ricordiamo gli autunni di quando eravamo bambini e qualcosa non ci quadra. Ma cosa davvero stiamo rischiando?
Il documento della Plastic Soup Foundation, ci da qualche dato.
Ecco alcuni estratti spaventosi:
- Nel 2013, gli scienziati del Plymouth Marine Laboratory in Inghilterra hanno filmato il plancton, la base della catena alimentare, che consumava plastica. Il plancton è l’alimento principale, a volte l’unico, di una varietà impressionante di specie marine. Molte finiscono direttamente o indirettamente nei nostri piatti.
- I ricercatori dell’Università di Lund (Svezia) hanno dimostrato che le microplastiche possono spostarsi attraverso la catena alimentare degli animali, andando addirittura ad influenzare gli animali al vertice della catena.
- Le microplastiche si trovano nel 63% dei gamberi nel Mare del Nord.
- Un quarto del pesce acquistato nei mercati ittici locali ha plastica nei loro tratti digestivi.
- E molto recentemente, a luglio 2016, gli scienziati hanno dimostrato per la prima volta che le microplastiche possono perdere sostanze chimiche tossiche nei corpi dei pesci.
Ma cosa davvero comporta così tanta plastica negli oceani?
Gli oceani sono la fonte di proteine più grande al mondo, con oltre 3 miliardi di persone che dipendono dagli oceani come fonte primaria di cibo. Inoltre gli oceani forniscono il 50% dell’ossigeno del pianeta. Queste sono solo 2 delle caratteristiche che rendono i nostri mari intoccabili.
La plastica contiene diverse sostanze chimiche aggiunte, molte interferiscono con gli ormoni, la plastica può essere portatrice di virus e parassiti e le nanoplastiche possono passare attraverso le nostre membrane cellulari.
Rolf Halden, professore associato presso la School of Sustainable Engineering presso la Arizona State University, ha intrapreso un’indagine riguardante i pericoli della plastica per la salute umana e per gli ecosistemi da cui dipendiamo.
Rolf si chiede quali sono le conclusioni di un inquinamento, senza controlli negli ultimi 60 anni, negli oceani. Si chiede quali sono le conseguenze per la salute umana, quali sono gli effetti complessivi della plastica che involontariamente ingeriamo.
Il risultato è che è molto difficile capirlo. Parte della difficoltà sta nell’assenza di buoni controlli per lo studio delle conseguenze sulla salute. Il fatto è che l’esposizione plastica è un fenomeno globale e la ricerca di soggetti non esposti ad essa, per il confronto, è quasi impossibile.
È noto tuttavia che gli effetti sulla salute variano a seconda di chi è esposto e quando. I neonati e le donne incinte o che allattano, sono ad alto rischio.
Quindi non sappiamo per certo quanto, ma sappiamo che fa male e probabilmente quando lo sapremo misurare, il risultato non ci piacerà.
La conclusione è che questa è la più grande crisi globale della salute e parte dall’oceano.