di Natalie Panek – Le nostre vite dipendono da un mondo che non possiamo vedere. E lo fa molto di più di quanto possiamo mai immaginare. Pensate alla vostra settimana fino a oggi. Se avete guardato la televisione, usato il GPS, controllato il meteo o il traffico e consumato un pasto, dovete pensare che tutte queste cose, che ci accompagnano ogni giorno, fanno direttamente o indirettamente affidamento sui satelliti.
E mentre diamo spesso per scontato i servizi a noi forniti dai satelliti, i satelliti lasciano un segno indelebile nello spazio che occupano.
Ogni giorno, gente da tutto il mondo dipende da infrastrutture satellitari per informarsi, divertirsi e comunicare. Esiste un monitoraggio agricolo e ambientale, il collegamento ad internet e la navigazione. I satelliti hanno perfino un ruolo nel funzionamento dei nostri mercati finanziari ed energetici.
Ma questi satelliti non sono immortali, hanno una vita limitata. Potrebbero esaurire il carburante, potrebbero guastarsi, o solo naturalmente raggiungere la fine della propria missione. A questo punto, questi satelliti diventano di fatto spazzatura spaziale.
Ed è qui che arriva il problema. I satelliti che hanno smesso di funzionare sono spesso lasciati uscire dall’orbita, perché non esistono leggi internazionali nello spazio che ci costringano a rimuovere la nostra spazzatura. Cosi lo spazio intorno alla terra è una vera discarica.
Ma come è potuto succedere?
Il primo satellite di sempre, lo Sputnik I, fu lanciato nel 1957, e in quell’anno, ci fu un totale di soli tre tentativi di lancio. Decine di anni dopo, nazioni di tutto il mondo hanno lanciato in orbita migliaia di altri satelliti e la frequenza dei lanci ha continuato ad aumentare.
E il futuro? Noi spediamo satelliti in orbite diverse a seconda delle esigenze. Uno dei posti più comuni in cui mandiamo satelliti è l’orbita terrestre bassa, forse per riprendere la Terra ad una quota di circa 2.000 chilometri. Qui i satelliti sono naturalmente influenzati dall’atmosfera terrestre, le loro orbite decadono naturalmente, cioè si modificano in modo naturale e prima o poi si incendieranno, spesso entro un paio di decenni.
Un altro luogo dove spediamo molti satelliti è l’orbita geostazionaria ad una quota di circa 35.000 chilometri. Qui i satelliti restano nello stesso punto sopra la Terra mentre la Terra ruota, il che consente cose come comunicazioni o la trasmissione televisiva, per esempio. Satelliti in orbite alte come queste potrebbero rimanerci per secoli.
Poi c’è l’orbita chiamata “il cimitero”. Sono le orbite spazzatura o dello smaltimento, dove alcuni satelliti sono intenzionalmente posizionati alla fine dei loro giorni, così da essere tolti dalle orbite operative.
Dei quasi 7.000 satelliti lanciati a partire dagli ultimi anni ’50 solo circa 1 su 7 è attualmente operativo, e oltre ai satelliti che non sono più funzionanti, ci sono anche centinaia di migliaia di detriti grandi quanto biglie e milioni di detriti simili a scaglie di vernice che orbitano attorno alla Terra.
I detriti sono un serio rischio per le missioni spaziali, ma anche per i satelliti su cui facciamo affidamento ogni giorno. Cosi si è cercato di rimediare. Ci sono stati dei tentativi nazionali e internazionali per sviluppare norme tecniche che ci aiutino a limitare la produzione di ulteriori detriti. Ma queste linee guida non si esprimono riguardo ai detriti già presenti. Esistono solo per limitare la futura creazione di detriti. Nessuno è responsabile della spazzatura nello spazio.
Il problema è che se un componente su un satellite si rompe, ci sono davvero limitate opportunità di ripararlo, e solo a costo alto. E se tutti i satelliti dovessero essere progettati per il riciclo, la manutenzione o un’attiva uscita dall’orbita? E se ci fossero davvero efficaci leggi internazionali a regolare lo smaltimento dei satelliti a fine vita invece di toglierli di mezzo come soluzione temporanea?
I produttori di satelliti dovrebbero pagare un deposito anche solo per lanciare un satellite in orbita, e quella cauzione sarebbe restituita solo se il satellite fosse smaltito adeguatamente o se ripulissero una parte dei detriti.
Queste sono solo alcune idee interessanti cui sto pensando, ma ci sono alcuni segnali incoraggianti. Per esempio, il britannico TechDemoSat-1, lanciato nel 2014, fu ideato per essere smaltito attraverso una piccola ancora. Questo funziona per il satellite visto che è piccolo, ma satelliti che si trovano più in alto o su orbite più ampie o che sono più grandi, delle dimensioni di un autobus, richiederanno altre modalità di smaltimento.
Qualunque opzione di smaltimento o pulizia escogitiamo, è chiaro che non si tratta solo di un problema tecnico. Esistono anche leggi spaziali complesse e opinioni politiche da tenere in conto.
In pratica, prima ancora di capire come smaltire i rifiuti sulla terra, abbiamo trovato il modo di rendere una discarica anche lo spazio a noi vicino. Ci serve una via sostenibile per usare lo spazio.
Tradotto da Marco Pernigoni
Revisione di Silvia Rozzoni