di Sabrina Pignedoli – Si chiama European Peace Facility, Fondo europeo per la pace, e viene usato per comprare ‘armi letali’. Non solo in Ucraina, come tutti sappiamo, ma anche in tanti altri paesi del mondo, tra cui Somalia e Niger. Poco importa se si tratta di paesi dove manca una struttura governativa stabile e l’amico di oggi è il nemico di domani; dove il livello di violenza è altissimo e la gente muore di fame. Dall’Europa arriva la brillante idea: invece che spendere soldi per programmi alimentari e di sviluppo, si forniscono armi, alimentando violenza e fame.
Ad annunciare questa svolta nella politica dell’Unione Europea è stato l’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, che ha recentemente chiuso lo Schuman Forum sulla difesa parlando fin troppo chiaramente. Non di diplomazia o rilancio di negoziati di pace, strategie di dialogo, come i cittadini europei si aspetterebbero, ma di forniture di “armi letali” a diversi Paesi del mondo. “Molti partner, dall’Africa al Medio Oriente e al nostro vicinato orientale – spiega Borrell – chiedono sempre più sostegno in aree come l’intelligence geospaziale attraverso il nostro Centro satellitare, la resilienza informatica, la comunicazione strategica ma anche equipaggiamenti letali”.
E i soldi messi a disposizione non sono affatto pochi. A fornire le cifre è lo stesso Borrell.
“Abbiamo utilizzato così tanto lo strumento europeo per la pace durante il suo primo anno di esistenza, oltre 4,5 miliardi stanziati, che il Consiglio ha già dovuto ricostituirlo lo scorso dicembre. E sono sicuro che dovranno farlo di nuovo. Senza dubbio, è stato uno strumento cruciale per rispondere alla guerra della Russia in Ucraina. Solo per questa sono stati stanziati 3,6 miliardi per “equipaggiamento militare”.
Ma perché limitarsi a comprare armi per l’Ucraina? Il rischio è che le multinazionali degli armamenti non guadagnino abbastanza. Perché non armare un po’ anche quegli stati africani in perenne conflitto, dove la popolazione muore di fame e negli scontri armati, ma “chissenefrega”.
“Il lavoro che facciamo in Ucraina ha cambiato il brand dell’Unione Europea. Altri partner ora si aspettano da noi la stessa rapidità ed efficacia dimostrata in Ucraina e una domanda che richiede una risposta”, spiega Borrell, annunciando che “sarà adottata presto una misura per fornire attrezzature letali ai nostri partner africani, Niger e Somalia”.
Non sembra il discorso di un diplomatico e colpisce la menzione di due paesi africani poverissimi, privi di un’autorità centrale stabile e sconvolti da perduranti guerra interne, terrorismo, siccità e crisi alimentare. È difficile immaginare a chi l’Unione Europea consegnerà i suoi armamenti o nelle mani di chi finiranno.
L’emergenza della Somalia, ha detto l’Onu, è la fame: le persone colpite da insicurezza alimentare sono oltre 7 milioni, ossia due terzi della popolazione. Mentre il Niger chiude la classifica dei paesi più poveri al mondo. Peccato non aver sentito un discorso tanto accorato sulla possibilità di costruire acquedotti, di formare la popolazione locale per sviluppare l’agricoltura o l’artigianato, di lavorare per la pacificazione e la costituzione di una struttura statale di base.
Ma è evidente che le industrie degli armamenti hanno un appeal maggiore tra i leader europei delle centinaia di migliaia di africani che muoiono di fame.
L’AUTORE
Sabrina Pignedoli – Europarlamentare e giornalista. Si dedica principalmente allo studio della malavita organizzata e alla denuncia dell’omertà che la favorisce.