di Valentina Petricciuolo – Abbiamo già parlato in un articolo precedente di come una piccola azienda di marketing britannica, The Mix, abbia sperimentato con grande successo l’adozione, per tutti i suoi dipendenti e senza alcuna “penale”, la riduzione della settimana lavorativa a 4 giorni. E si è anche evidenziato come la giornata lavorativa “classica”, dalle 9 alle 5, non sia né salutare né ottimale per l’individuo, ma qualcosa di profondamente innaturale. Perciò, ritornare sull’argomento può dare un impulso al dibattito politico anche in Italia. E rilanciare l’idea di una settimana lavorativa corta.
Una idea – o meglio una previsione – quella della settimana lavorativa di 15 ore, già fatta da Keynes nel 1930. Secondo Keynes i suoi nipoti avrebbero avuto molte più possibilità economiche e, nel 2030, la più grande sfida che avrebbe avuto l’umanità sarebbe stata quella di occupare il proprio tempo libero.
Un altro economista e filosofo contemporaneo di Keynes, John Stuart Mill, padre del liberismo classico, affermò che il miglior uso della ricchezza economica era il tempo libero. Mill si oppose al cosiddetto “vangelo del lavoro” per abbracciare il “vangelo del tempo libero”. Secondo Mill la tecnologia avrebbe dovuto essere usata per ridurre la settimana lavorativa il più possibile e liberare il tempo per altre attività più adatte all’essere umano e, più in generale, per migliorare “l’arte di vivere”.
La settimana lavorativa di quattro giorni è un sogno che molti lavoratori a tempo pieno pensano di non poter realizzare mai. Ma basta cambiare prospettiva, essere consapevoli che il problema non sta nella quantità ma nella qualità del tempo che dedichiamo a compiere le nostre mansioni. E questo è stato proprio quello che ha pensato Andrew Barnes, amministratore e proprietario della Perpetual Guardian – azienda neozelandese che fornisce servizi di gestione finanziaria con oltre 240 dipendenti –, dopo aver letto uno di quegli articoli così diffusi sulle riviste di management su come incrementare la produttività delle persone. Barnes ha compreso che la questione della settimana lavorativa di 4 giorni non andava presentata come un modo per aumentare il benessere dei dipendenti – o almeno non in maniera esplicita -, quanto invece come una strategia volta ad incrementare i profitti dell’azienda grazie ad un aumento della produttività complessiva. In questo modo è riuscito a “vendere” la sua idea allo staff manageriale che, comprensibilmente, non era molto propenso a vedersi spogliato di un bel numero di ore lavorate da parte dei propri sottoposti. E così, dopo un periodo di prova di due mesi, da novembre 2018 la settimana lavorativa di 4 giorni, senza tagli agli stipendi o obblighi di straordinari nei giorni di lavoro normali, è entrata ufficialmente in vigore alla Perpetual Guardian. Ma ciò che è più interessante sottolineare è il fatto che, con questo esperimento, Andrew Barnes ha in mente molto di più che aumentare i profitti della sua azienda o far stare meglio i suoi dipendenti. Vuole lanciare un MOVIMENTO, una “rivoluzione tranquilla” che possa cambiare il paradigma con cui oggi noi vediamo il lavoro.
L’esperimento della Perpetual Guardian, infatti, ha attirato grande interesse da moltissimi paesi – Giappone, Corea, Francia e Gran Bretagna – e molti intendono replicare il tentativo fatto in Nuova Zelanda. E così, grazie alla collaborazione con i ricercatori dell’Università di Auckland, Barnes ha pubblicato un rapporto –The Four-Day Week WHITE PAPER – in cui sono stati riportati tutti i dettagli e le testimonianze di coloro che sono stati coinvolti in prima persona nella messa a punto dell’esperimento.
Il rapporto fornisce dei suggerimenti pratici per chi voglia sperimentare la settimana lavorativa di 4 giorni. E i passi da seguire sono semplici con un regola fondamentale: quando si spiega la mossa strategica, è indispensabile concentrarsi sulla produttività, non sul benessere. Anche se è dimostrato che una settimana di quattro giorni può rendere i dipendenti più felici e, nello stesso tempo, far aumentare i profitti. Barnes, inoltre, suggerisce di far in modo che siano i dipendenti stessi a trovare soluzioni e proposte per permettere loro di lavorare di meno e, nello stesso tempo, essere più efficienti e quindi più produttivi. In questo modo le persone si “guadagnano” un giorno libero a settimana senza nessun obbligo collaterale.
L’esperimento è stato un clamoroso successo e i ricercatori della Auckland University of Technology e della University of Auckland Business School che hanno contribuito alla progettazione dello studio hanno evidenziato come il 78% del personale si sentisse in grado di gestire autonomamente il proprio lavoro, rispetto al 54% che lo faceva prima dell’esperimento. La produttività è aumentata di circa il 20% mentre le entrate della società sono rimaste stabili. Sembra un paradosso che, se da un lato le ore lavorate diminuiscono, dall’altro aumenta l’efficienza. La ragione sta nel fatto che, secondo alcuni studi condotti su impiegati britannici, le ore effettivamente lavorate in un giorno sono circa 3, rispetto alle 8 che si trascorrono fisicamente sul luogo di lavoro. Questo perché molto del tempo che passiamo in ufficio in realtà lo occupiamo con attività diverse: dalla consultazione dei social media alle pause, dai colloqui informali con i colleghi agli scambi di messaggi privati.
C’è da dire che non tutte le aziende possono permettersi questo “lusso”. Una compagnia aerea, ad esempio, non potrebbe farlo. Così come alcune aziende produttive o agricole. La tesi di Barnes, tuttavia, non è che la soluzione della settimana di 4 giorni vada bene per tutti, ma che è importante individuare quelle realtà in cui è possibile farlo e avviare almeno una sperimentazione.
Il dibattito sul futuro del lavoro è in corso da qualche anno scatenato dalla cosiddetta quarta rivoluzione industriale. Ma nessuno, fino ad ora, ha messo sul piatto una soluzione concreta come quella della settimana corta, una idea che potrebbe diventare per molti il nuovo standard.
Cosa fare, allora? E’ necessario agire tutti insieme, collettivamente e a livello europeo, per far sì che il sistema cambi in modo da rendere conveniente, per i datori di lavoro, adottare sistemi il più possibile flessibili, in cui il costo di due lavoratori part-time, ad esempio, possa essere lo stesso di un singolo lavoratore.
E, inoltre, perché no, aderire al movimento 4DayWeek (La Settimana di 4 Giorni) lanciato da Andrew Barnes e stimolare qualche imprenditore illuminato in Italia – e ce ne sono – a replicare l’esperimento della Perpetual Guardian, magari utilizzando la preziosa guida che Barnes ha messo a disposizione di tutti sulla rete.
Per approfondire:
Il sito del movimento per la settimana di 4 giorni:
Il rapporto pubblicato a febbraio 2019 è scaricabile qui:
https://www.4dayweek.co.nz/four-day-week-trial
Andrew Barnes spiega al TEDxAuckland perchè e come ha introdotto la settimana lavorativa di 4 giorni nella sua azienda:
https://tedxauckland.com/talks/the-four-day-week/
L’AUTORE
Valentina Petricciuolo – Laurea in Economia, specializzazione in commercio internazionale e promozione delle imprese italiane all’estero. Responsabile dello sviluppo e supporto delle aziende australiane in Italia presso il Consolato Generale di Milano. Trade Relations Officer per UK Trade and Investment presso l’Ambasciata Britannica a Roma. Crowdfunder e micro Business Angel attiva sulle piattaforme europee e statunitensi. Attualmente funzionario dell’Istituto per il Commercio Estero (Agenzia ICE) di Roma e responsabile, dal 2005 al 2010, del Desk Attrazione Investimenti esteri della sede di New York. Master in trasferimento tecnologico e open innovation del Politecnico di Milano (2014) e membro dal 2014 al 2017 del panel europeo dei valutatori di progetti Proof of Concept per la valorizzazione della ricerca scientifica dello European Research Council. Autrice del blog La Curiosità è la Bussola su innovazione, imprenditorialità, valorizzazione della ricerca scientifica, crowdfunding, nuove dinamiche del lavoro, reddito di base universale, crescita personale e libertà finanziaria, blockchain e criptovalute. http://valentinapetricciuolo.it