In Italia ci sono stati giornalisti coraggiosi finiti ammazzati come Beppe Alfano ucciso con tre pallottole, di cui una in bocca. I giornalisti coraggiosi rimasti sono pochi, sono un facile bersaglio. Prima vengono diffamati, poi isolati, anche dalla loro categoria, e spesso sono uccisi. Dopo la loro morte l’informazione di regime li sottera con grande velocità. Un po’ si vergogna, ma in fondo è soddisfatta.
In Italia per scrivere la verità o per applicare la legge bisogna essere eroi. Molti si scoraggiano, si adeguano, si ritirano. Non ha un futuro un Paese in cui neppure le morti di Falcone, Borsellino e di Livatino scuotono l’opinione pubblica. Non ha un futuro un Paese in cui i condannati si rifiugiano in Parlamento e ci irridono.
I giornalisti che ancora danno dignità a questo Paese con la loro voce vanno protetti dagli sciaccalli di regime, dai killer della parola. Nessuno tocchi il soldato Travaglio e chi rischia la sua vita per noi per amore di verità.
“Caro Beppe,
sto guardando la puntata di Annozero sul V2 day e l’informazione, e mi ha molto colpito ciò che è stato detto sulle nostre liste civiche e sulla loro presunta influenza, ma ciò che mi ha sconvolto è stato l’ennesimo riferimento agli attacchi qualunquisti del V2 day ai giornalisti. In studio un giornalista comincia a dire “che i giornalisti non sono tutti uguali, anzi ricordiamo che in Italia abbiamo gente come Abbate, Capacchione e Maniaci che rischiano la propria vita per quello che scrivono e addirittura sono morti dei giornalisti uccisi dalla mafia e dal terrorismo”.
Ad ascoltare queste parole sono saltata dalla sedia perchè sono stanca di sentire dire che mio padre è stato un eroe per il suo coraggio e la sua indipendenza, perchè sono convinta che se mio padre e gli altri suoi colleghi non fossero stati soli a scrivere e raccontare certe cose, sicuramente non sarebbero stati nè uccisi nè eroi.
Insomma voglio proprio dire dopo 15 anni che papà è morto, dopo 14 anni di processi celebrati sempre in religioso silenzio e con la regolare assenza dei giornalisti che venivano chiamati da noi familiari con la preghiera di raccontare delle indagini e del processo, beh voglio proprio dire che dopo tanto tempo non ce l’ho solo con i mafiosi che lo hanno ucciso, ma ce l’ho soprattutto con la casta dei giornalisti che con il loro isolamento e silenzio sono stati complici di quel delitto; con la loro indifferenza e servilismo nei confronti dei direttori padroni, hanno taciuto sugli sviluppi delle indagini e sui furbetti del quartierino coinvolti nel delitti.
Provo rabbia perchè quella casta non si è mai costituita parte civile nei processi e soprattutto non ha mai detto che avrebbe voluto farlo. Ho sperato per tanti anni che si sarebbero comportati nei confronti della mia famiglia come si comportano i poliziotti o i carabinieri quando muore un loro collega; si stringono attorno alla famiglia di chi è morto e ne condividono i momenti del dolore, alzano un muro di difesa. In questi anni non è accaduto nulla di tutto ciò, non ho mai visto lo stato e a 36 anni non sono in grado si spiegare ai miei figli che cosa sono le istituzioni nel nostro paese e soprattutto da che parte stanno, forse perchè non dovrebbero esserci delle parti. Cerco di nascondere ai miei figli le mie paure quando ammetto a me stessa che viviamo sotto dittatura. Ma che paese è il nostro, dove non solo non c’è libertà d’informazione ma non c’è proprio la libertà di cittadini? Perchè la vera informazione in Italia deve essere affidata a pochissimi giornalisti seri e indipendenti come Travaglio? Solo da noi accade che un critico d’arte, spero almeno che sia tale, si permette di dire, in riferimento a De Magistris, che i magistrati non hanno il diritto di fare certe inchieste; e che credibilità potrebbe avere Berlusconi in un paese civile se affermasse che Mangano è un eroe? Anche per questi motivi rivendico con orgoglio di far parte di quelle centinaia di migliaia di italiani che hanno aperto gli occhi, non si sentono più nè rappresentati nè tutelati e hanno capito che devono darsi da fare e non delegare più ad altri ciò che può essere fatto da noi. E il punto è proprio questo: noi abbiamo il dovere di fare qualcosa per tornare a vivere in un paese veramente libero e civile dove l’informazione possa essere davvero tale.
Pretendo che i miei figli possano vivere in un paese pulito e senza inceneritori, libero e non complice di guerrafondai, dove i giovani possano avere la certezza di un lavoro e di poter nascere e morire nella propria terra senza l’incubo della valigia in mano perchè costretti ad emigrare. Voglio per loro un paese in cui le istituzioni meritino davvero rispetto e il parlamento non continui ad essere centro a 5 stelle di riabilitazione per pregiudicati e delinquenti. Esigo per loro un paese in cui ci sia la certezza della pena perchè questo è democrazia.
Noi abbiamo appena iniziato a fare tutto questo con le “ininfluenti” liste.” Sonia Alfano
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