di Nicola Sturgeon – L’economista scozzese famoso in tutto il mondo, Adam Smith, nel suo importante lavoro “La ricchezza delle Nazioni” sostiene che la misura della ricchezza di un Paese non è data solo dalle sue riserve di oro e argento. È l’insieme delle produzioni e del commercio del Paese. Credo sia una delle prime descrizioni di quello che noi oggi chiamiamo Prodotto Interno Lordo, PIL.
Negli anni a seguire, quella misura della produzione e del commercio, il PIL, è diventata talmente importante al punto che oggi, e dubito che fosse l’ambizione di Adam Smith, è spesso vista come la misura più importante del successo generale di un Paese.
Ciò che scegliamo di monitorare come Paese è molto importante. Importa davvero, perché condiziona l’attenzione politica, condiziona le attività pubbliche. Contro questo contesto, ritengo che le limitazioni del PIL come unità di misura del successo di un Paese siano fin troppo ovvie. Come sapete, il PIL misura l’output di tutto il nostro lavoro; ma non dice nulla sulla natura di quel lavoro, se si tratta di un lavoro valido o soddisfacente per chi lo svolge. Assegna un valore, ad esempio, al consumo illegale di droghe; ma non all’assistenza domestica gratuita. Valuta nel breve termine le attività che spingono l’economia, anche se queste attività danneggiano moltissimo la sostenibilità del nostro pianeta a lungo termine.
Riflettiamo sugli ultimi dieci anni di cambiamenti politici ed economici, di crescente ineguaglianza; e quando guardiamo al futuro, alle sfide dell’emergenza climatica, dell’aumento dell’automazione, dell’invecchiamento della popolazione, allora penso che la necessità di una definizione molto più ampia di cosa significa essere un Paese e una società di successo è impellente, e lo è sempre di più.
Per questo la Scozia, nel 2018 ha guidato l’iniziativa di creare una nuova rete chiamata “Wellbeing Economy Governments group” che ha come membri fondatori la Scozia, l’Islanda e la Nuova Zelanda. Lo scopo di questo gruppo è di sfidare il focus sulla miope misurazione del PIL. Per dire che sì, la crescita conta, è importante; ma non rappresenta tutto ciò che è importante. E che la crescita del PIL non dovrebbe essere inseguita a tutti i costi, a qualunque costo. La tesi del gruppo, infatti, è che lo scopo, l’obiettivo delle politiche economiche dovrebbe essere il benessere collettivo: quanto felice e in salute è una popolazione, non solamente quanto è benestante.
Quando ci concentriamo sul benessere, iniziamo una conversazione che provoca domande profonde e fondamentali. Di cosa ci importa davvero nella nostra vita? A cosa diamo valore nelle comunità nelle quali viviamo? Che tipo di Paese, che tipo di società vogliamo davvero essere? Se coinvolgiamo le persone in queste domande, le coinvolgiamo nella ricerca di risposte, allora credo che abbiamo più possibilità di contrastare l’alienazione e la disaffezione per la politica che monta in così tanti paesi del mondo sviluppato di oggi.
Per quanto riguarda la policy, la Scozia ha iniziato nel 2007 quando abbiamo pubblicato il nostro National Performance Framework, scegliendo degli indicatori con i quali confrontarci. Questi indicatori vanno dalla disparità di guadagno alla felicità dei bambini, all’accesso agli spazi verdi e alle abitazioni. Niente di tutto ciò è incluso nelle statistiche del PIL, ma sono tutte cose fondamentali per una società felice e in salute.
Questo approccio più ampio è al cuore della nostra strategia economica, nella quale diamo la stessa importanza al contrasto delle disuguaglianze e alla competitività economica. È il nostro impegno per un lavoro equo, sincerandoci che sia soddisfacente e ben retribuito. Dietro la nostra decisione di costituire la Commissione “Transizione Giusta” c’è l’idea di guidare il nostro percorso verso un’economia a emissioni zero. Dalle trasformazioni economiche del passato, sappiamo che se non stiamo attenti, ci saranno più perdenti che vincitori. Affrontando le sfide dell’automazione e del cambiamento climatico, non dobbiamo ripetere gli stessi errori.
Il lavoro che stiamo facendo in Scozia è significativo; ma abbiamo molto, molto da imparare da altri Paesi. Poco fa ho citato le nostre nazioni partner nella Rete del Benessere: Islanda e Nuova Zelanda.
Il Primo Ministro Islandese, Katrin Jakobsdottir ha presentato in una conferenza nel settembre di quest’anno 39 indicatori che coprono 13 questioni: salute, istruzione, capitale sociale, sicurezza, equilibrio tra lavoro e vita privata, qualità dell’aria / clima, uso del suolo, energia, rifiuti / riciclaggio, condizioni economiche, occupazione, alloggio e reddito. Gli indicatori sono ora aperti alla consultazione e l’intenzione è di integrarli nel piano finanziario strategico quinquennale dell’Islanda, che viene aggiornato ogni anno [N.d.R.]
Vale la pena notare, e lascio a voi decidere se sia o meno rilevante, che tutti e tre questi Paesi sono attualmente governati da donne.
Anche loro stanno facendo un bel lavoro. La Nuova Zelanda nel 2019 ha pubblicato il suo primo “Budget del Benessere” con la salute mentale al centro. L’Islanda è pioniera su parità di salario, servizi all’infanzia e diritti della genitorialità, politiche alle quali non si pensa immediatamente quando si parla di creare un’economia florida; ma sono politiche fondamentali per un’economia sana e una società felice.
Ho iniziato con Adam Smith e “La ricchezza delle Nazioni”. Nel suo lavoro precedente, “Teoria dei Sentimenti Morali” che ritengo di eguale importanza, Smith osserva che il valore di ogni Governo è giudicato in proporzione a quanto rende felice la propria popolazione. Credo che sia un buon principio ispiratore per ogni gruppo di Paesi concentrato a promuovere il benessere. Nessuno di noi ha tutte le risposte: neanche la Scozia, Paese natale di Adam Smith. Ma nel mondo in cui viviamo oggi, con crescenti divisioni e ineguaglianze, affetto da disinteresse e alienazione, è più importante che mai porci queste domande e trovare le risposte e promuovere una visione della società che abbia il benessere, e non solo il benestare, al suo centro.
Nicola Sturgeon è stata la prima donna a ricoprire la carica di Primo Ministro scozzese, è un’importante voce progressista e femminista nella governance del Regno Unito.
Traduzione del Ted a cura di Stefania Betti, Reviewed by Alessandra Tadiotto