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Il caffè etico dei burocrati di Bruxelles

beppegrillo.it - Ottobre 15, 2018

di Ignazio Corrao – Questa settimana la Commissione Europea valuterà la manovra di bilancio del governo italiano. Tutti i media ci terranno sulle spine, tra voci di corridoio, fughe di notizie e gole profonde della Commissione. Per giorni si divertiranno a tenere in ansia un popolo e una democrazia in attesa della loro valutazione.

Diciamolo chiaramente, in questo periodo ce l’hanno messa tutta per influenzare opinioni e mercati. Si sono atteggiati da uomini probi che fanno dell’integrità, della austerità, una ragione di vita. E dall’alto della loro rettitudine ci dicono cosa è giusto fare per i cittadini italiani.

Adesso fermiamoci un attimo qui e pensate a come reagireste se vi dicessi che negli uffici grigi di Bruxelles, gli stessi burocrati giudicanti, saranno serviti da costosissimi cibi e bevande, a spese dei cittadini stessi, mentre decideranno se gli italiani hanno il diritto o meno vivere dignitosamente o continuare a sopravvivere alle ricette inutili e dannose dell’austerità.

Esattamente, perché ad esempio i predicatori della austerità, negli uffici della Commissione Europea, bevono solo l’acqua più costosa del Belgio. Pagata a più del doppio del prezzo di mercato; 2,20€ nei confronti degli 0,80 cent di € chiesti nel più caro supermarket di Bruxelles.

Naturalmente tutto ciò che mangiano o bevono è rigorosamente certificato eticamente.

Caffè, frutta, the, cioccolato eccetera costano un po’ di più del normale perché è garantito che per produrre quei cibi nessun diritto umano o ambientale è stato violato. Tutto garantito sulla carta.

Perché anche qui, si tratta solo di percezione della realtà. Nelle istituzioni europee si paga una tazza di caffè mediamente un euro, poi ci sono le eccezioni della solita commissione europea che lo paga il 20% in più.

L’Europa è uno dei maggiori consumatori di caffè, mentre i paesi produttori di caffè sono per lo più paesi poveri come il Sud Sudan e il Guatemala.

Ecco, dovete sapere che di quell’euro che pagate per una tazza di caffè, spesso eticamente certificato, meno di un centesimo va a chi lo ha raccolto in condizioni di povertà estrema.

L’Europa è la prima beneficiaria del lavoro minorile e della povertà estrema. Alcuni giornalisti hanno documentato minuziosamente come il meccanismo che porta alle certificazioni per il cacao e il caffè, meccanismi finanziati dall’UE (“Fairtrade” e “UTZ”)  contribuisca a confondere il consumatore.

Oggi le principali compagnie di caffè sono alla ricerca di zone di montagna nelle regioni povere del mondo, dove abbonda manodopera conveniente e la migliore terra fertile, spesso foreste e terre vergini, per istallare nuove piantagioni di caffè.

Eradicare la povertà nei paesi poveri e produttori di caffè richiede trasparenza, visione e responsabilità sociale di impresa. Nei paesi sviluppati, come in Europa, l’industria di caffè è poderosa, genera miliardi di euro di fatturato e conseguentemente di tasse. Di tutto ciò arriva molto poco o niente ai lavoratori del campo e alle loro famiglie.

Anche se i marchi etici ci assicurano che il maggior prezzo pagato servirà per far studiare e crescere bene i bambini nei paesi poveri e produttrici di caffè, solo una bambina su 20 riuscirà a diplomarsi, le altre saranno sfruttate tutta la vita.

Era il 1914 quando Henry Ford decise di pagare i suoi operai minimo 5 dollari al giorno, avviando coscientemente la classe operaia statunitense verso la classe media.

Ancora oggi, dopo essere passato più di un secolo, ci sono persone al mondo che prendono meno di 5 dollari per poter garantire alla propria famiglia il sostentamento. Cafeteros, bananeros, ma succede anche in Italia con le vittime del caporalato o nella civilissima e ricchissima Svizzera nel settore dell’edilizia.

Però con una sostanziale differenza, i 5 dollari che pagava Ford ai sui dipendenti attualizzandoli oggi varrebbero 120 dollari, mentre i nostri 5 dollari di oggi nel 1914 equivarrebbero a 21 centesimi.

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