foto dell’artista turco Uğur Gallenkuş
di Torquato Cardilli – L’Occidente euro-americano, con una buona dose di cinismo ammantato di ipocrisia, si richiama in ogni occasione ai valori giudaico-cristiani sui quali è stata plasmata la nostra civiltà, sottratta al paganesimo greco-romano.
Uno dei principi sacri di questa tradizione, riportato in diversi passaggi nelle sacre scritture (Bibbia e Vangelo), è il dovere della protezione dei bambini.
L’orrenda strage degli innocenti (ucciderli tutti pur di colpirne uno solo), di due millenni fa, la cui brutalità appare nel Vangelo di Matteo, ha suscitato per secoli orrore e raccapriccio, tanto da essere raffigurata, dal Medioevo all’Ottocento, dal fior fiore degli artisti. La loro lista è lunghissima (Duccio di Boninsegna, Beato Angelico, Ghirlandaio, Raffaello, Bruegel, Tintoretto, Guido Reni, Giotto, Poussin, Luca Giordano, Dorè, Rubens e tanti altri) a riprova di come quello dei bambini fosse un tema obbligatorio dell’arte cristiana.
Si potrebbe affermare che il ricordo di quella strage abbia contribuito a far maturare nelle coscienze l’elaborazione del principio del massimo impegno che ogni Stato deve dedicare alla tutela della vita e del sano sviluppo dei bambini, racchiuso nell’art. 6 della Convenzione dei Diritti dell’uomo.
Anche la Convenzione dell’Unicef (ratificata da 192 Paesi, ma non dagli Stati Uniti) all’art. 2 stabilisce che tali diritti, secondo un principio di eguaglianza, recepito dalla nostra Costituzione, debbono essere garantiti a tutti i minori, senza distinzione di razza, sesso, lingua, o religione.
Spetta dunque ai parlamenti, e quando questi non agiscono, ai popoli pretendere che i loro leader adempiano all’obbligo della tutela di tutti i bambini, meritevoli di protezione in pace e in guerra, in qualsiasi latitudine, bisognosi di ricevere pietà, compassione, partecipazione al dolore.
Per dirla con Oscar Wilde la natura è stata ingiusta perché ha dato molto a pochi e poco a molti, ma è stata equanime nell’assegnare il dolore a tutti in egual misura.
Dagli ultimi anni della II guerra mondiale ad oggi i conflitti tra paesi non si sono limitati a scontri tra eserciti, cioè tra combattenti riconoscibili, regolari o patrioti resistenti, secondo regole codificate in Convenzioni internazionali, ma hanno progressivamente coinvolto in modo sempre più pesante, efferato e criminale, gli agglomerati urbani, con bombardamenti indiscriminati sulla popolazione civile da parte dell’arma aerea e missilistica.
In guerra l’esigenza di colpire il nemico deve limitarsi agli obiettivi militari o strategici, alle infrastrutture economico-industriali, ma non può colpire a casaccio, obiettivi civili soprattutto quelli destinati ai più bisognosi come ospedali, scuole, luoghi di culto, oratori ecc.
Il cattivo esempio della scarsa considerazione per le vittime civili, da allora è stato fatalmente seguito come una maledizione in ogni guerra successiva (Vietnam, Serbia, Iraq, Afghanistan, Siria, Libia, ecc.) senza mai suscitare un attimo di resipiscenza in chi ha in mano le sorti dell’umanità.
Come dimostrano le due guerre in corso a noi più vicine (Ucraina e Gaza), il desiderio di vendetta, l’odio spietato, costi quel che costi, di leader accecati dal delirio di onnipotenza e di dominio su altri, ha avuto il sopravvento su ogni altro sentimento di umanità. Risultato? Una raccapricciante contabilità di morti, di mutilati per sempre e di totali distruzioni, compresi i bambini, vittime innocenti e inconsapevoli,.
Improvvisamente, le istituzioni politiche internazionali e le alleanze militari occidentali ne hanno preso coscienza e denunciato l’orrore per il bombardamento russo dell’ospedale pediatrico di Kiev. Che sia stato un atto deliberato o un errore, resta la qualifica di crimine di guerra e come tale imputabile al responsabile politico e militare che l’ha ordinato.
Le 45 vittime infantili e i 200 feriti meritano ogni compassione e solidarietà e avrebbero dovuto costituire un movente fortissimo per indurre tutti i responsabili occidentali, riuniti a Washington al capezzale di guerra di un leader morente, ad appoggiare con tutta la forza politica e diplomatica il tentativo messo in atto dal premier ungherese Orban che ha visto lucidamente l’abisso della continuazione della guerra senza fine. Invece questa élite di perfetti ipocriti ha deliberato con fare giulivo e incosciente per l’escalation.
Perché questa oscena partigianeria dei governi occidentali, ricaduta a pioggia nelle dichiarazioni dei nostri politici e degli organi di informazione, che hanno martellato con insistenza (titoli di giornali tutti uguali e commenti fotocopia in video e in radio) è limitata alla denuncia soltanto dei crimini di guerra russi?
Se il bombardamento dell’ospedale pediatrico di Kiev ha suscitato giustamente indignazione, c’è da domandarsi quante lacrime i nostri leader abbiano mai versato per i 14.000 bambini palestinesi trucidati in 8 mesi di guerra a Gaza e per i 18.000 bambini feriti o mutilati dall’esercito israeliano agli ordini di un folle, accecato dal desiderio di vendetta, dall’ambizione di conservare il potere ad ogni costo, dalla fissazione della continua espansione coloniale a dispetto del diritto internazionale?
Quale dichiarazione formale di condanna ha mai emesso la comunità internazionale, o gli inutili vertici dei prodi guerrieri occidentali che si ripetono di continuo senza risultati, per qualificare il crimine di chi è pronto a sacrificare altrettante vittime innocenti pur di vincere una guerra?
Non basta aver già raso al suolo tutte le strutture dell’intera provincia di Gaza, distrutto più dell’85% delle abitazioni, bombardato addirittura le misere tendopoli degli sfollati, obbligati ad evacuare le città, mitragliato le file di bambini in coda per un pacco di farina o un secchio d’acqua, messo a ferro e fuoco deliberatamente scuole, ospedali, palestre e campetti sportivi, brulicanti di bambini?
Perché l’Occidente non lancia un grido di orrore e impone un cessate il fuoco?
I bambini di Gaza fino ad oggi sopravvissuti sono in trappola tra il terrore dei continui scoppi, la carenza di cibo, di medicinali, di acqua, di elettricità, privi dei diritti riconosciuti agli altri bambini, e vagano tra i morti in cerca di qualcosa da mangiare facendo concorrenza ai ratti che circolano tra le macerie.
E’ questo ciò che ci insegna la tradizione giudaico-cristiana?
La premier Meloni, in un raro momento di sincerità televisiva ha detto che per salvaguardare sua figlia Ginevra sarebbe pronta a lasciare la carica; se tiene in massimo conto l’affetto di madre perché tace colpevolmente per il massacro dei bambini di Gaza? E con riferimento al tentativo diplomatico di Orban ha messo in dubbio che Putin sia disposto al negoziato visto che bombarda l’ospedale, mentre crede all’onestà dell’offerta di negoziato di Israele che però non cessa di commettere da otto mesi crimini di guerra a danno dei bambini di Gaza.
L’AUTORE
Torquato Cardilli – Laureato prima in Lingue e civiltà orientali e poi in Scienze politiche per l’Oriente. E’ stato Ambasciatore d’Italia in Albania, Tanzania, Arabia Saudita ed Angola. Opinionista e pubblicista su temi politici ed economici su varie testate ed agenzie di stampa, in Italia e all’estero.