di Fabio Massimo Parenti – Per chi ancora non lo avesse capito e/o intuito, le ultime misure statunitensi contro Huawei dimostrano ancora una volta, e in modo lapalissiano, il motivo per cui la Cina ha bandito dal proprio territorio Google ed altre aziende statunitensi. Questi colossi privati non sono mai stati indipendenti dal governo degli Stati Uniti, sia per la loro dinamica di sviluppo, sia per le operazioni di spionaggio, ricatto, controllo e interferenza al livello internazionale. I casi sono molti e per brevità rimandiamo solo alle testimonianze di Edward Snowden sul legame strutturale di Google e Facebook con la National Security Agency, ma anche con la CIA. Pochi sanno che la CIA ha finanziato Google sin dalla sua fondazione, come ricordato da Robert David Steele nel 2006, ex ufficiale della CIA.
Quello Huawei-Google, che coinvolge molte altre aziende, è dunque un altro tassello della competizione internazionale tra Cina e Stati Uniti, ove questi ultimi giocano il ruolo di attaccanti, mentre la prima rafforza la propria capacità di difesa. Solo negli ultimi anni la guerra dei dazi partita da Washington si è costantemente ingigantita fino a raggiungere quasi tutte le merci cinesi, colpendo intermediari e consumatori statunitensi in maniera significativa. Prodotti per i quali alle volte non c’è alternativa e per cui gli Usa hanno continuato a peggiorare la propria bilancia commerciale (la peggiore degli ultimi 10 anni).
Poi si è passati all’arresto di Meng Wanzhou, la CFO di Huawei, ed alle nuove misure sul divieto di licenze Android e componentistica microelettronica a società cinesi. Ma già in passato Huawei e ZTE erano state oggetto di misure di boicottaggio istituzionale, colpendo i consumatori statunitensi. Con le mosse più recenti, se verranno implementate, saranno le aziende fornitrici statunitensi ad essere colpite.
Huawei è il simbolo dell’emancipazione tecnologica cinese, per questo viene attaccata con illazioni non provate (su sicurezza nazionale e manipolazioni finanziarie). Huawei è il secondo produttore di smartphone al mondo, ha superato Apple per vendite (200 milioni l’anno scorso) ed è sulla frontiera del 5G da protagonista (il 5G è il sistema di trasmissione di informazioni più avanzato al mondo, ovvero il simbolo della nuova rivoluzione tecnologica).
L’attacco sferrato dagli Usa è tutto politico, motivato dall’avanzamento di questa compagnia cinese sulle frontiere della nuova rivoluzione tecnologica; è un attacco politico contro le collaborazioni tra Huawei e controparti iraniane ed europee; è un attacco politico per tutte le nuove manovre con cui i cinesi, coi propri partner regionali, stanno creando consenso internazionale nell’ambito della nuova via della seta; è un attacco politico contro i nuovi sistemi di pagamento internazionale capaci di bypassare il sistema controllato dagli Usa e centrato sul dollaro. Insomma, questo breve elenco ci dà la misura di ciò che è già avvenuto e contro cui alcuni settori degli Stati Uniti hanno deciso di muoversi, invece di competere sul mercato e cooperare costruttivamente.
A questi attacchi la Cina risponde in modo piuttosto silente, ma ben ragionato. Le contromisure sui dazi e la riduzione delle proprie riserve in asset statunitensi (la più marcata degli ultimi due anni e mezzo) costituiscono segnali non trascurabili. La Cina può agire dunque sulla leva del credito agli Usa, di cui sono il primo fornitore straniero, ma anche su molte altre leve, come ad esempio riducendo o bloccando la vendita di terre rare, fondamentali per l’industria hi-tech, di cui la Cina è primo paese al mondo per riserve e produzione. Sembrerebbe questo il motivo della repentina inversione a U che ha sancito una proroga di tre mesi. Sicuramente, le aziende Usa coinvolte hanno già fatto pressione sul governo per allentare la morsa, come riferito da rappresentanti di Huawei. Gran parte del mondo del business Usa non condivide le decisioni del proprio governo, ma non posso tagliare il cordone con chi li foraggia…
Google e altre aziende high-tech, che hanno da lungo tempo contratti con i cinesi, fanno quello che dice la Casa bianca, impegnata a giocare (in parte anche a bleffare) una partita di potere al livello internazionale. Molte, come sappiamo, sono le differenze tra l’attaccante e il difensore, tra Usa e Cina. La prima differenza: c’è chi decanta le magnifiche sorti del mercato con uno Stato minimo (lo hanno fatto per decenni) – mentre nel frattempo guida politicamente e militarmente la competizione economica – e chi combina pubblico e privato senza compromettere il primato della politica sull’economia, in modo trasparente e pacifico. Per la Cina il ruolo guida dello stato non è in discussione, essendo parte strutturale della propria modalità di sviluppo, anche a sostegno delle forze private e delle dinamiche di mercato (vedi la centralità della pianificazione economica nel tempo e nello spazio). E ancora… gli Usa parlano di libertà di mercato, di impresa e di navigazione, mentre operano costantemente partite geopolitiche che contraddicono i propri assunti ideologici (spesso infarciti di umanitarismo universalistico per giustificare guerre, colpi di stato, boicottaggi, ecc.; smantellando il diritto internazionale – vedi Danilo Zolo 2006); la Cina, diversamente, opera secondo “caratteristiche cinesi” in continua evoluzione, a partire dal ruolo guida dello stato, ed è impegnata in costanti riforme per migliorare sia la capacità di pianificazione politico-economica, sia l’organizzazione dei nuovi mercati e delle forze produttive pubbliche e private. Pacificamente!
La Cina ha già in passato mostrato resilienza nel campo delle tecnologie nucleari, proseguendo nel suo cammino di sviluppo e modernizzazione. In questi giorni, lo stesso capo di Huawei, Ren Zhengfei, ha dichiarato che il 5G andrà avanti e non risentirà in alcun modo di queste misure statunitensi. Inoltre, vi sono sistemi operativi alternativi e la possibilità di gestire in modo ordinato questa fase di tensione con gli Usa. Il risultato sarà ancora una volta incentivare la Cina a fare meglio e presto, aiutandola ad accelerare il già impetuoso processo di indipendenza tecnologica. Come si suole dire, sembrerebbe che gli Usa si stiano dando la zappa sui piedi. Infatti, se non riconsidereranno le proprie posizioni, gli Usa rischieranno di essere tagliati fuori dal più grande mercato del mondo, in termini di consumi, investimenti e innovazione. Buona fortuna Sam!
L’AUTORE
Fabio Massimo Parenti è professore associato (ASN), insegna all’Istituto Internazionale Lorenzo de’ Medici a Firenze, è membro del think tank CCERRI, Zhengzhou, e membro di EURISPES, Laboratorio BRICS, Roma. Il suo ultimo libro è Geofinance and Geopolitics, Egea. Su twitter @fabiomassimos