di Gianluca Vacca – Digitalizzare fa bene, anche al mondo complesso e variegato dei beni culturali. E fa tanto più bene a un Paese come l’Italia, che ha un patrimonio culturale di straordinaria ricchezza e bellezza, uniformemente diffuso da nord a sud, delicato, talvolta non valorizzato come meriterebbe. L’innovazione tecnologica mette infatti continuamente a disposizione nuovi strumenti in grado di assicurare una maggiore tutela e una migliore valorizzazione del nostro patrimonio, di favorirne una più ampia conoscenza attraverso forme di fruizione e canali di accesso innovativi, di conservare una memoria precisa di tesori spesso estremamente fragili, a beneficio delle generazioni che verranno.
Non cavalcare questa rivoluzione sarebbe un grave errore. Si tratta piuttosto di governarla, ed è quello che abbiamo voluto fare al Mibac avviando un confronto aperto e costruttivo con l’universo digitale. Il primo passo, proposto da me, è stato quello di istituire per la prima volta una delega ad hoc alla digitalizzazione del patrimonio culturale, così da dedicare al tema un’attenzione specifica e mettere in una cornice di sistema tutte le esperienze virtuose sperimentate in passato ma senza la dovuta visione organica. L’auspicio è che il nuovo governo proceda sulla strada intrapresa e porti avanti un lavoro che ha cominciato subito a dare risultati importanti.
Il potenziale d’altra parte è enorme. Già oggi la digitalizzazione permette la visita di un museo o di un sito archeologico anche a migliaia di chilometri di distanza, da computer, tablet o smartphone, con la disponibilità in tempo reale di informazioni elaborate dagli archivi storici. Tecnologie come l’intelligenza artificiale, la realtà aumentata e virtuale offrono la possibilità di esplorare grazie a speciali visori ambienti e luoghi del passato, anche perduti, con esperienze immersive a 360 gradi. La ricostruzione in 3D permette forme di fruizione nuove, rivolte pure a non vedenti e ipovedenti. La diagnostica per immagini – dunque Tac, risonanze magnetiche, ecografie – consente di esplorare a fondo le opere d’arte fornendo informazioni preziosissime e non visibili a occhio nudo, come la datazione di un quadro, la sua autenticità, il suo stato di conservazione, eventuali interventi di restauro.
Un’importanza sempre maggiore assumerà il ricorso ai satelliti per il monitoraggio dei monumenti a fini di tutela e sicurezza. A questo proposito, grazie alla nostra azione la salvaguardia del patrimonio culturale è stata inserita tra le priorità del programma per l’utilizzo dei prodotti e servizi del Sistema Copernicus per l’osservazione della Terra dallo Spazio. E’ stata anche creata un’apposita task force, di cui l’Italia ha ottenuto la guida.
Poi ci sono le applicazioni pratiche, in cui il digitale ha assicurato soluzioni efficaci a problemi cronici. Si pensi al sistema tagliacode che ha permesso di ridurre notevolmente i tempi d’attesa alla Galleria degli Uffizi di Firenze, valorizzando allo stesso tempo i siti culturali vicini, solitamente meno visitati. Mibac e Comune di Roma stanno lavorando insieme per adottare soluzioni simili anche per i principali attrattori culturali del centro della capitale.
Il digitale ha connesso due mondi apparentemente lontani, come quelli dei videogiochi e dei beni culturali. L’industria del gaming ha infatti trovato in musei, gallerie, siti archeologici una ricchissima miniera cui attingere spunti e idee per nuovi prodotti, che si stanno rivelando eccellenti strumenti di promozione e di valorizzazione di contenuti culturali. Ricordo “Father and Son“, il videogioco archeologico prodotto e distribuito gratuitamente dal Museo archeologico di Napoli, che ha avuto quasi 4 milioni di download connettendo al museo persone di tutte le età. Grande successo ha fatto registrare anche il Progetto Antenati, un portale che, grazie alla digitalizzazione dell’enorme patrimonio documentario relativo ai Registri di Stato civile, rende possibile condurre ricerche anagrafiche e genealogiche e ricostruire così la storia di famiglie e di persone.
Guardando lontano, ci sono ancora intere frontiere da esplorare. Basti pensare all’impatto che avrà la tecnologia 5G, la quale assicura una circolazione di dati molto maggiore e con una velocità notevolmente superiore rispetto a quelle attuali. Possiamo allora immaginare che un giorno sarà possibile assistere alla prima di un’opera in scena in Italia in contemporanea anche nei principali teatri d’Europa o dal salotto di casa, attraverso la riproduzione tridimensionale di scene e attori e l’utilizzo di visori VR. Oppure possiamo pensare alla possibilità di tenere una mostra virtuale in contemporanea in più musei d’Europa, con l’esposizione di opere digitalizzate messe a disposizione dei visitatori grazie ai più moderni strumenti tecnologici.
Insomma, si possono fare davvero grandi cose, nell’interesse di tutti: di chi gestisce i beni culturali, di chi sviluppa contenuti ed eroga servizi ad essi collegati, di chi svolge attività di studio e ricerca e, soprattutto, degli utenti, che possono avvicinarsi sempre di più e sempre meglio al mondo meraviglioso della cultura. Come Ministero ci siamo perciò impegnati a fondo sul digitale. Servono risorse, e per questo abbiamo messo 4 milioni di euro nell’ultima Legge di Bilancio e, più di recente, abbiamo avviato lo sblocco 51 milioni di fondi europei per avviare un grande piano di digitalizzazione del patrimonio culturale nel Mezzogiorno. Serve organizzazione, ed allora abbiamo previsto l’istituzione al Mibac di una struttura dirigenziale che si occuperà in maniera specifica di digitalizzazione e innovazione. Serve confrontarsi con i privati, da considerare non come controparte ma come potenziali partner. In quest’ottica abbiamo definito e sono in dirittura d’arrivo accordi con grandi player mondiali, ritenendo che lavorando in sinergia sia possibile valorizzare al meglio il nostro straordinario patrimonio.
In poco più di un anno abbiamo impresso una forte accelerazione sul digitale nei beni culturali, abbiamo gettato e consolidato basi importanti. Il nuovo governo riparta da lì, con convinzione, perché una cosa è certa: la digitalizzazione è una grande opportunità e sarebbe davvero imperdonabile non coglierla.
L’AUTORE
Gianluca Vacca – Sottosegretario del Ministero per i Beni e le attività culturali con delega alla digitalizzazione del patrimonio culturale.