di J. Lo Zippe – Il razzismo in tutto il mondo è ben conosciuto, ma molte persone non si rendono conto che può verificarsi non solo quando una razza discrimina un’altra, ma all’interno di un singolo gruppo etnico; in questo caso questa discriminazione è definita come colorismo, termine coniato dalla scrittrice Alice Walker, autrice del romanzo Il colore viola.
La definizione ufficiale di colorismo nell’Oxford English Dictionary è “pregiudizio o discriminazione nei confronti di individui con una carnagione scura, tipicamente tra persone dello stesso gruppo etnico o razziale”. L’attrice Lupita Nyong’o ha riassunto perfettamente il colorismo quando ha detto: “Il colorismo è figlio del razzismo in un mondo che premia la pelle più chiara su una pelle più scura”.
Il colorismo risale alla schiavitù, al colonialismo e alla segregazione, ma non solo. I bianchi mostravano un trattamento preferenziale verso gli schiavi di pelle chiara o di razza mista che erano spesso il prodotto di stupri con donne dalla pelle più scura. In Asia, la preferenza per la pelle chiara è legata alla classe oltre che al colonialismo. Pensiamo all’espressione “avere sangue blu”, ciò deriva dal Medioevo, quando i servi della gleba, trovandosi a lavorare la terra o ad allevare bestiame all’aria aperta, erano soggetti ad abbronzatura contrariamente ai nobili i quali, avendo la pelle molto chiara, avevano le vene dei polsi ben visibili. Ciò ha determinato la creazione di questo modo di dire proprio perché alla vista le vene dei polsi hanno un aspetto bluastro-violaceo.
Oggi, il colorismo affligge le comunità minoritarie ed è diffuso nei media. Purtroppo vige una tendenza preesistente che è stata in gran parte ignorata per anni, in cui i volti “più chiari” beneficiano di una maggiore visibilità e quindi godono di un maggiore successo commerciale. Quando si guarda anche a questo problema attraverso una lente di genere, è palesemente ovvio che le donne nere soffrono maggiormente del colorismo nei media. Ci sono moltissimi attori maschi dalla pelle scura, intrattenitori e rapper in abbondanza (Usher, Denzel Washington, Michael B Jordan, Kendrick Lamar, etc…), ma solo una manciata di equivalenti femminili dalla pelle scura. Quando si tratta di elencare le star musicali di oggi, le pop star aderiscono in qualche modo all’egemonia della bellezza eurocentrica. (Beyonce, Jennifer Lopez, Ryanna etc…).
Le donne nere di pelle chiara hanno maggiori probabilità di sposarsi rispetto a quelle più scure. “Troviamo che la pelle più chiara misurata dagli intervistatori del sondaggio è associata a una probabilità di matrimonio maggiore di circa il 15% per le giovani donne di colore”, hanno detto i ricercatori che hanno condotto uno studio chiamato “Shedding ‘Light’ on Marriage”. Negli Stati Uniti, uno studio su 12.000 afroamericani ha dimostrato che le donne nere dalla pelle più chiara ricevono pene detentive più brevi rispetto alle donne dalla pelle più scura e che i latinoamericani bianchi guadagnano in media 5.000 dollari in più di quelli che hanno la pelle più scura.
Il colorismo viene contemporaneamente sfruttato da aziende cosmetiche per trasformare le insicurezze sul colore della pelle in guadagni finanziari attraverso la commercializzazione di lucrosi prodotti schiarenti per la pelle. Poiché la pelle chiara è associata alla bellezza e allo status sociale, nel mondo sono nate creme e trattamenti per lo sbiancamento della pelle.
Nel tentativo di evitare le insidie percepite che derivano dall’essere più scuri, le persone in tutto il mondo – in Asia, Africa e nelle Americhe – sbiancano la pelle, a volte rivestendola di sostanze chimiche tossiche che di solito sono illegali ma ancora ampiamente disponibili. Un rapporto dell’Organizzazione mondiale della sanità del 2019 ha rivelato che molti prodotti schiarenti per la pelle contengono mercurio e altri ingredienti pericolosi che causano forti irritazioni della pelle fino a danni ai reni.
Quest’anno Johnson & Johnson ha annunciato che interromperà la vendita di alcune linee di prodotti Neutrogena e Clean & Clear in Asia che sono state promosse come riduttori di macchie scure e sbiancanti per la pelle. Unilever ha seguito l’esempio, annunciando che cambierà alcuni termini e nomi di prodotti schiarenti per la pelle, in particolare i suoi prodotti Fair & Lovely, che sono importanti in India. L’Oréal ha annunciato che rimuoverà le parole “bianco”, “correttezza” e “luce” dai suoi prodotti.
Ma rinominare i prodotti non significa nulla: è ancora colorismo con un’altra parola. Non affronta il colorismo che i loro prodotti perpetuano.
Il colorismo, purtroppo, è un seme che ha le sue radici profonde nel mainstream: l’idea che viviamo su uno spettro codificato a colori in cui se sei più bianco, sei migliore.
Un mondo decisamente al contrario.