Negli ultimi decenni si è assistito ad un esponenziale aumento delle attività industriali, e purtroppo dei relativi inquinamenti. Buona parte di questi sono stati o permessi da legislazioni poco efficaci, o da controlli poco puntuali. Ora tutti noi abbiamo contezza che tali inquinanti hanno permeato aria, acqua e suoli, e che non è possibile procedere ancora. Ma mentre i paesi sviluppati hanno perlopiù interiorizzato questa situazione, in molti dei cosiddetti “paesi in via di sviluppo” vengono permessi ancora troppi episodi di inquinamento, spesso collegati alla produzione di beni che poi vengono rivenduti proprio nei paesi sviluppati tra cui l’Europa e l’Italia.
Si è arrivati quindi ad un punto paradossale, denunciato pochi giorni fa al Parlamento Europeo da una europarlamentare:
- L’Europa viene invasa da prodotti a basso costo provenienti da Paesi extra europei
- Il loro basso costo è dovuto al fatto che le fabbriche che li producono possono inquinare senza grossi problemi e che ugualmente l’energia utilizzata proviene perlopiù da fonti fossili
- Il loro basso costo ovviamente spiazza i prodotti locali delle aziende europee ed italiane che quindi chiudono.
- L’Europa si ritrova quindi con molte fabbriche chiuse o in via di chiusura e un ambiente mondiale sempre più rovinato.
Ma allora non sarebbe il caso di salvaguardare l’ambiente mondiale e l’economia Europea imponendo un sovrapprezzo a ciascun prodotto che circoli nella stessa Unione, sovrapprezzo proporzionato alla quantità di inquinamento che quel determinato prodotto ha generato e genera lungo il suo intero ciclo di vita?
Se questo sovrapprezzo venisse effettivamente applicato, ci troveremo ad avere i prodotti interni dell’Unione Europea molto più concorrenziali rispetto a quelli provenienti da extra Europa, in quanto questi per l’appunto generano mediamente molto più inquinamento, e quindi avrebbero un sovrapprezzo molto più alto. Parallelamente inoltre si stimolerebbero le aziende extra europee a convertire la loro produzione in senso più ambientalmente rispettoso.
Questa semplice idea circola da qualche anno a livello europeo, alcune volte con il nome di “border tax”, ma finora non è mai stata concretizzata. La cosa è vieppiù strana se si pensa al fatto che le associazioni industriali, interrogate su questa proposta, spesso si dicono favorevoli, in quanto per l’appunto aumenterebbe la competitività delle imprese europee.
Allora non è il caso di passare dalle parole ai fatti?