di Petra Reski – Traduzione di Stefano Porreca
Anni fa ho avuto l’idea di voler diventare italiana. O più esattamente: mezza italiana. Dato che volevo conservare la cittadinanza tedesca. In quanto cittadina comunitaria sposata con un italiano, credevo che non mi avrebbero per forza di cose tirato dietro la cittadinanza italiana, però, più o meno, che me l’avrebbero assegnata d’ufficio. Okay, avrei di nuovo dovuto presentare un paio di documenti, ovviamente. Ma chi, come me, è riuscito a superare gli ostacoli burocratici per un matrimonio italo-tedesco, costituiti da certificati di capacità matrimoniale con traduzione asseverata e autenticati, atti di nascita, certificati di residenza rilasciati dall’anagrafe e da un funzionario del Kreisverwaltungsreferat di Monaco di Baviera munito di soprammaniche, tende alquanto a sopravvalutarsi.
La questione della cittadinanza mi premeva per poter votare in Italia. E non solo alle elezioni comunali, ma anche a quelle politiche. (…)
In tutta franchezza, prima del 2013, non avevo mai provato il desiderio di votare in Italia, considerato che fino ad allora il parlamento era essenzialmente controllato da archeotterigi fossilizzati nei loro mandati: per esempio dal novantaquattrenne Giulio Andreotti, presidente del Consiglio per sette volte e senatore a vita,
dall’ottantottenne Giorgio Napolitano, senatore a vita e due volte presidente della Repubblica, oppure dal senatore settantasettenne Silvio Berlusconi, nominato quattro volte primo ministro e condannato in via definitiva per frode fiscale. In poche parole: non c’è nulla che doni più longevità di uno scranno nel parlamento italiano. Ecco perché tanti politici vi restano seduti fino alla morte. E alcuni non muoiono mai.
I governi cambiano, eppure i volti rimangono gli stessi. (…)
Quando a Genova il taxi mi lascia davanti all’abitazione di Grillo, vengo assediata da giornalisti che fotografano ogni persona che si avvicina al portone d’ingresso. Beppe Grillo, l’anticristo della politica italiana, non rilascia più interviste ai media italiani da quando questi hanno prima ignorato e poi schernito lui e il movimento di cittadini di sua ideazione.Vedendosi in ultimo chiamare «Benito Grillo», com’è accaduto sul libretto devozionale di Berlusconi il Giornale.
(…) Siamo nella situazione in cui nessuno dei due vincitori delle politiche 2013 ha raggiunto una tale percentuale di voti, né i pentastellati né l’alleanza di sinistra intorno al Partito democratico. Uno stallo.
Quando, finita l’intervista, esco dalla casa di Grillo, tutti i giornalisti si precipitano verso di me e mi chiedono con chi Grillo voglia entrare in coalizione. Domanda che per la verità può essere posta solo da chi negli ultimi decenni ha vissuto sotto una pietra: i Cinque Stelle dovrebbero forse coalizzarsi con Berlusconi, che, quando era presidente del Consiglio, ha finanziato la mafia? Oppure col PD, che neppure quando è stato al governo è riuscito ad approvare una legge contro il conflitto d’interessi, al quale Berlusconi deve la sua ascesa? Ma seriamente? (…)
L’intervista verrà pubblicata lunedì. Ma già sabato mattina, la mia intervista per Focus non è ancora uscita, ma viene citata con cose che Beppe Grillo non ha detto. Sulla Repubblica (e che nel frattempo viene cancellato e sostituito con un testo aggiornato) leggo: “Grillo: sì al governissimo” e ancora: “Grillo: ok a governo PD-PDL, per legge elettorale e tagli”. (…)
Questa storia ha sollevato un polverone al punto che vengo invitata al talk show politico Servizio Pubblico di La7. Il suo conduttore, Michele Santoro, in Italia è un’icona da quando nel 2002, col famigerato editto bulgaro, venne fatto allontanare da Berlusconi (…) Con la comparsa dei Cinque Stelle, però, anche il suo universo ha iniziato a vacillare: l’attenzione di Santoro era rivolta soprattutto a Berlusconi. I Cinque Stelle, che non fanno che denunciare la condiscendenza verso Berlusconi della sinistra, gli sono sospetti. (…)
Quando mi intervista, spiego come sia nata la bufala e faccio notare che nei media italiani i simpatizzanti del Movimento Cinque Stelle vengono quasi quotidianamente denigrati (…) Asserisco che gli italiani meritano di vedere che con una nuova forza politica democratica venga impiegata la stessa indulgenza che i media sono soliti riservare ai politici, banchieri e dirigenti aziendali responsabili della disastrosa situazione attuale. Dopodiché mi tolgono il microfono.
L’indomani, il tassista di Roma che mi porta alla stazione mi chiede se sia la giornalista che ieri sera ha difeso i Cinque Stelle da Santoro: «Brava, brava, brava». Quando a Venezia salgo sul vaporetto, il capitano mi chiama nella cabina di guida e pure lui si complimenta per la mia breve apparizione da Santoro. E il mio giornalaio di fiducia si affretta a congratularsi con me per il coraggio col quale ho criticato i media italiani. Siamo arrivati al punto che solo una donna ha il fegato di dire l’ovvio! «Brava, brava, brava!»
Alla televisione italiana non sarò mai più invitata.
Tratto da “Diventare italiana” L’avventura sentimentale e politica di una tedesca nel Belpaese, ultimo libro di Petra Reski (Zolfo Editore)
L’AUTORE
Petra Reski è nata in Germania, è scrittrice e giornalista. Ha studiato letteratura francese, sociologia e scienze politiche a Parigi, Münster e Trier e ha frequentato la rinomata scuola di giornalismo „Henri-Nannen-Schule“ ad Amburgo. Ha iniziato la sua carriera giornalistica come reporter al servizio estero della rivista STERN. Dal 1991 vive a Venezia e ha pubblicato numerosi saggi, romanzi e libri di inchiesta, i fulcri del suo lavoro sono Venezia e la mafia. Per i suoi lavori giornalistici e letterari Petra Reski ha ricevuto numerosi premi in Germania e in Italia, tra cui il “Frauenbrücke-Preis” per il suo impegno per l’integrazione europea. www.petrareski.com





