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Reddito di base: cosa succede quando si dà fiducia alle persone

beppegrillo.it - Aprile 9, 2025

Tra il 2021 e il 2024, in Germania, 122 persone hanno ricevuto 1.200 euro al mese. Ogni mese. Per tre anni. Senza dover lavorare in cambio, senza firmare contratti, senza dover dimostrare nulla a nessuno. È stato uno dei più ambiziosi esperimenti sociali sul reddito di base incondizionato mai realizzati in Europa.A volerlo è stata l’associazione Mein Grundeinkommen (Il mio reddito di base), in collaborazione con l’Università di Vienna, l’Istituto tedesco per la ricerca economica (DIW) e l’Istituto per la ricerca sul lavoro (IZA). L’obiettivo? Capire cosa accade quando lo Stato smette di premiare solo chi “produce” e inizia a sostenere chiunque, semplicemente in quanto cittadino.

All’avvio del progetto, nel 2021, oltre 2 milioni di persone hanno fatto domanda per partecipare. Solo 122 sono stati selezionati: un campione piccolo ma mirato, composto da uomini e donne tra i 21 e i 40 anni, senza figli, con un reddito pregresso tra i 1.100 e i 2.600 euro mensili. L’idea era quella di studiare un gruppo omogeneo, escludendo situazioni che potessero distorcere l’analisi (genitorialità, pensione, disoccupazione cronica, redditi alti o nulli).

Ogni sei mesi, i partecipanti dovevano compilare un questionario dettagliato su come stavano vivendo il cambiamento. Cosa era cambiato nella loro vita grazie al reddito garantito? Come spendevano il denaro? Lavoravano di più o di meno? Stavano meglio o peggio?

I risultati sono stati pubblicati all’inizio di aprile 2025. Nessuno dei partecipanti ha smesso di lavorare. Questo è forse il dato più sorprendente, anche per gli stessi ricercatori. L’aspettativa iniziale era che circa il 20% avrebbe ridotto l’orario lavorativo, ma non è successo. Anzi: molti hanno mantenuto o persino aumentato il proprio impegno professionale, ma con maggiore flessibilità e senso di controllo sulla propria vita.

“Le persone non cambiano solo perché ricevono un reddito di base”, ha dichiarato Susann Fiedler, psicologa e ricercatrice comportamentale all’Università di Vienna.

Altri dati significativi:

  • Il livello di stress percepito si è abbassato sensibilmente rispetto al gruppo di controllo.
  • La salute mentale è migliorata in modo misurabile.
  • I beneficiari hanno risparmiato di più, consumato con maggiore consapevolezza e fatto più donazioni.
  • Sono aumentate le attività sociali e culturali, il tempo dedicato alla formazione e le relazioni interpersonali.

Samira Korves, istruttrice di nuoto, ha usato il reddito di base per far crescere la propria attività. Dopo la pandemia, ha potuto assumere un fisioterapista e un allenatore part-time, investire in attrezzature e aprire nuove sedi. Oggi coordina un team di 20 persone e gestisce cinque centri sportivi tra Greven, Altenberge, Tecklenburg e Osnabrück.

Bianca Radlbeck, ex saldatrice, ha lasciato un mini-lavoro da cameriera per trasferirsi a Monaco e studiare ingegneria industriale. Il reddito le ha permesso di pagare una stanza in un appartamento condiviso (quasi 1.000 euro al mese) e concentrarsi sugli studi. Oggi è responsabile di cantiere per la rete di teleriscaldamento della città e sta concludendo il suo master.

Certo, lo studio non è perfetto. Lo sottolineano anche gli esperti:

  • Il campione è piccolo: 122 persone non rappresentano un intero Paese.
  • Nessuno dei partecipanti aveva figli o era in una situazione di disoccupazione prolungata: segmenti fondamentali della popolazione restano esclusi.
  • Tutti sapevano fin dall’inizio che il progetto sarebbe durato solo tre anni: è possibile che molte scelte siano state condizionate dalla temporaneità del beneficio.

Inoltre, le ore di lavoro dichiarate si basano su percezioni soggettive: ad esempio, chi ha iniziato a studiare o a lavorare da casa può considerarsi impegnato quanto prima, anche se di fatto ha ridotto l’attività lavorativa retribuita.

Secondo Dominik Enste, economista dell’Istituto economico tedesco, “il progetto è interessante, ma non permette di trarre conclusioni affidabili sull’impatto di un reddito di base a livello nazionale”.

La questione di fondo, però, resta politica. Al termine del progetto, nessun partito di governo in Germania ha proposto di estenderlo. La SPD e la CDU restano fredde. Persino il partito della Sinistra, un tempo vicino all’idea, si è tirato indietro. Eppure, secondo Kirsten Herrmann dell’associazione Mein Grundeinkommen, un reddito di base sarebbe finanziabile. Basterebbe una riforma fiscale seria: imposte più alte sui redditi alti, una tassa sul patrimonio, sulle transazioni finanziarie e sul CO₂. Un calcolatore online, pubblicato nel 2023, mostra che con pochi clic si può ristrutturare lo stato sociale in modo radicale. Ma ciò che è semplice su uno schermo resta politicamente difficile nella realtà. Nel frattempo, il dibattito pubblico si è spostato altrove. La Germania discute di inasprire le sanzioni ai disoccupati, di abolire il reddito di cittadinanza mite, di aumentare le ore lavorative, non di ridurle. In Italia, la situazione non è diversa: si parla di “occupabilità” ma non di libertà. Di “merito” ma non di equità. Di “sostenibilità” ma non di benessere.

Eppure, lo studio tedesco una cosa la dimostra: quando si dà fiducia alle persone, la maggior parte ne fa buon uso. Non tutti diventano imprenditori, ma molti diventano più stabili, più sani, più attivi. In una parola: più liberi.

Forse è proprio questo che spaventa di più.

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