Il 24 dicembre 2024, mentre si apriva la Porta Santa a Roma, una donna anziana senza fissa dimora è stata trovata priva di vita alle 3:30, al civico 14 di via della Conciliazione, nelle vicinanze della Basilica di San Pietro.
Questo tragico evento evidenzia una realtà drammatica: nella capitale di una delle maggiori potenze economiche mondiali si continua a morire di freddo semplicemente perché si è poveri. Morire davanti alla Porta Santa appena aperta è un simbolo potente della nostra ipocrisia collettiva. Non si tratta di un destino inevitabile. Quando oltre 30 persone al mese muoiono (dati Federazione Italiana Organismi per le Persone Senza Dimora) a causa dell’emarginazione e dell’esclusione sociale, è evidente che la nostra civiltà ha fallito.
I senzatetto rappresentano un emblema della nostra società, spesso trascurati e dimenticati, anche nella morte. Risiedono in quasi 2.198 comuni ma si concentrano per il 50% a Roma (23% delle iscrizioni anagrafiche), Milano (9%), Napoli (7%), Torino (4,6%), Genova (3%) e Foggia (3,7%). Nel 2024, in Italia, sono decedute almeno 404 persone senza dimora (principalmente uomini 93%, con un’età media di 47,3 anni) mentre la società proseguiva le proprie attività quotidiane, spesso ignorando queste tragedie.
L’Unione Europea ha fissato un obiettivo chiaro: porre fine al fenomeno dei senzatetto entro il 2030, riconoscendo il diritto a un tetto come fondamentale per una società civile. Eppure, a soli cinque anni dalla scadenza, l’Italia sembra completamente impreparata, vittima di un’inerzia istituzionale che rasenta l’indifferenza. Mentre i dati ISTAT parlano di oltre 20.000 persone senza dimora solo a Roma, il panorama nazionale è desolante: piani strutturati e interventi di lungo termine restano inesistenti, sostituiti da soluzioni emergenziali come tensostrutture e dormitori temporanei. Questi interventi non fanno che tamponare un’emergenza cronica, senza affrontare le cause profonde del problema.
La capitale, simbolo di storia e cultura, convive con il paradosso di palazzi vuoti e lasciati al degrado accanto a strade dove uomini e donne vivono e muoiono in condizioni indegne. Il principio dell’“Housing First”, promosso dall’UE per offrire una casa stabile come primo passo verso la reintegrazione sociale, è ignorato nel dibattito pubblico italiano. Questo immobilismo riflette una volontà politica debole e un’incapacità di trasformare gli impegni in azioni concrete. L’indifferenza con cui le istituzioni trattano il fenomeno dei senzatetto non è solo un fallimento di governo, ma un segnale di una società che preferisce voltarsi dall’altra parte.
Quest’anno la Capitale sarà invasa da un turismo religioso per il Giubileo, con la sua promessa di rinnovamento spirituale e apertura al prossimo, ci auguriamo che la sua celebrazione possa essere l’occasione perfetta per dimostrare che la solidarietà non è solo un concetto astratto, ma un impegno concreto verso i più vulnerabili. E mentre milioni di pellegrini troveranno accoglienza e rifugio nella capitale, i palazzi vuoti resteranno silenti testimoni dell’indifferenza, la nostra vita scorrerà indisturbata, migliaia di persone senza tetto continueranno a vivere per strada…e a morire.
Nel 2025, la vera sfida non sarà accogliere chi arriva da lontano, ma tendere la mano a chi è già qui, dimenticato e invisibile.
Non c’è giubileo autentico senza che nessuno sia lasciato indietro.