Immagina una notte infinita, temperature glaciali e un silenzio interrotto solo dal vento che sferza la tundra. Per chi lavora nelle regioni artiche, questo è il quotidiano. Eppure, c’è chi affronta tutto questo non solo per i salari allettanti, ma per la possibilità di scoprire e sfruttare le risorse nascoste di uno degli ultimi grandi territori inesplorati del pianeta.
Nei Territori del Nord-Ovest del Canada, tre geologi hanno vissuto un’esperienza che sembra tratta da un romanzo d’avventura: neve, freddo e un coyote intrufolatosi nella loro tenda da cucina per rosicchiare l’impianto elettrico. Il risultato? Il frigorifero-congelatore è andato in tilt, distruggendo mesi di cibo. Per rimediare, un viaggio di una settimana fino a Whitehorse, a 900 chilometri di distanza, è stato l’unica soluzione. Questo è il tipo di disavventura che rende il lavoro di chi cerca minerali nell’Artico non solo solitario, ma incredibilmente duro.
L’Artico è una terra di enormi risorse naturali: giacimenti di zinco, titanio, palladio, nichel e terre rare vitali per la transizione energetica e le tecnologie moderne. Questi tesori rimangono in gran parte sepolti non per mancanza di interesse, ma perché l’estrazione è sempre stata troppo costosa. Ora, però, il cambiamento climatico sta modificando le regole del gioco. Il ghiaccio si ritira più velocemente che mai – tra il 2013 e il 2019 il ghiaccio estivo è diminuito del 17% – aprendo nuove vie di trasporto e rendendo più accessibili i depositi minerari.
La competizione per le risorse artiche non è solo economica, ma anche geopolitica. Grandi potenze come gli Stati Uniti e la Cina stanno investendo massicciamente nella ricerca di minerali essenziali, cercando di ridurre la dipendenza dai monopoli esistenti. La Groenlandia, per esempio, ospita i più grandi giacimenti di terre rare dell’Occidente, attirando investitori e suscitando interesse persino da parte di leader controversi come Donald Trump, che ha ipotizzato di acquistare l’isola dalla Danimarca.
A Reykjavik, durante l’annuale assemblea artica, l’atmosfera era febbrile. Investitori e funzionari di governi e aziende minerarie si affollavano per discutere nuovi progetti. Tuttavia, estrarre risorse da una delle aree più inospitali del pianeta non è semplice.
Lavorare nelle miniere artiche significa affrontare condizioni estreme. Le temperature possono scendere fino a -60°C e il sole sparisce completamente per mesi. La solitudine, il gelo e la mancanza di comfort possono abbattere anche i lavoratori più motivati. Le miniere cercano di migliorare le condizioni di vita offrendo piscine, mense e alloggi ben riscaldati, ma queste misure spesso non sono sufficienti per contrastare lo stress e la fatica.
La paga, però, è allettante. Un meccanico in una miniera di ferro sull’isola di Baffin, in Canada, guadagna fino a 170.000 dollari l’anno, più del triplo di quanto potrebbe guadagnare altrove. Nonostante ciò, pochi sono disposti a vivere in queste condizioni. Inoltre, la produttività dei lavoratori nell’Artico è spesso inferiore rispetto a quella dei colleghi nelle regioni più temperate, complice lo stile di vita solitario e la difficoltà nel gestire il personale a distanza.
Se le difficoltà logistiche non bastassero, ci sono anche preoccupazioni umanitarie e ambientali. Le aziende devono spesso importare lavoratori da migliaia di chilometri di distanza, il che significa meno opportunità per le comunità indigene locali. Inoltre, il permafrost – terreno ghiacciato che costituisce la base di molte costruzioni – si sta sciogliendo rapidamente a causa del riscaldamento globale, causando frane e instabilità.
In Russia, il cratere Batagay, il più grande collasso del mondo causato dal disgelo, si sta espandendo rapidamente, inghiottendo il terreno circostante. La sicurezza è una preoccupazione costante: frane, tempeste e incidenti sono all’ordine del giorno. Nel 2024, frane in Russia e un incidente aereo in Canada hanno causato diverse vittime.
Nonostante le difficoltà, l’Artico continua ad attirare esploratori e investitori. I governi delle nazioni artiche, dalla Groenlandia al Canada, sostengono l’industria mineraria con sussidi generosi, consapevoli che le risorse del Nord potrebbero cambiare le sorti dell’economia globale. Tuttavia, resta il dilemma di come bilanciare lo sfruttamento delle risorse con la tutela di un ambiente fragile e delle comunità locali.
Come dice un vecchio proverbio groenlandese: “Non importa se trovano qualcosa, purché continuino a cercare.” Con la crescente domanda di minerali essenziali per le energie rinnovabili e la tecnologia, sembra certo che la caccia ai tesori dell’Artico continuerà, nonostante i costi elevati e le sfide enormi. L’Artico, con le sue promesse e i suoi pericoli, resterà al centro dell’attenzione globale per molti anni a venire.