di A. Rosanna – L’automazione, le piattaforme digitali e altre innovazioni stanno cambiando l’economia mondiale e determinando un cambiamento senza precedenti nel lavoro.
Oltre a questo c’è una crescente polarizzazione delle opportunità sul mercato, tra lavori alti e lavori poco qualificati. In pratica o si trovano lavori si alto livello ben pagati o lavori provvisori e poco pagati, che di solito non necessitano di “un saper fare”.
Ecco cosa sta per accadere: lo sviluppo dell’automazione, reso possibile da tecnologie come la robotica e l’intelligenza artificiale, offre la promessa di maggiore produttività, maggiore efficienza, sicurezza e praticità.
Ma c’è anche una parte negativa. Che impatto avranno sui posti di lavoro, sulle competenze necessarie, sugli stipendi e sulla natura stessa del lavoro? Già molte attività oggi possono essere automatizzate.
Allo stesso tempo, siti come LinkedIn e Monster stanno cambiando il modo in cui gli individui cercano lavoro e il modo in cui le aziende identificano e reclutano talenti. Sempre più lavoratori scelgono di offrire i loro servizi su piattaforme digitali come Upwork, Uber ed Etsy. Per ora sono solo lavoratori indipendenti, ma presto questa distinzione potrebbe non voler dire più nulla.
Guardare al lavoro solo in termini di vincitori e perdenti, forse non è l’ottica giusta. Secondo un rapporto del World Economic Forum, la digitalizzazione potrebbe creare fino a sei milioni di posti di lavoro in tutto il mondo tra il 2019 e il 2025 nei settori della logistica.
Ma capiamo subito che dati messi insieme così non vogliono dir nulla. 6 milioni di posti di lavoro nel mondo possono essere davvero pochi. In che paesi poi?
La verità è che dobbiamo vedere questa trasformazione digitale in modo diverso, immaginando soprattutto quali saranno i cambiamenti davvero influenti nella società. Altrimenti il rischio è quello di continuare a vedere il lavoro solo in termini di aziende, dipendenti e salari. Non capendo cosa conta di più ora. Non sappiamo quanto grande sarà l’onda che ci investirà fin quando non sarà passata. Probabilmente ci siamo già sopra. Oggi le grandi e le piccole aziende stanno investendo molto nelle tecnologie digitali. É il settore più in crescita.
Non possiamo pensare che non ci sarà un grande impatto. Ci sono alcuni ruoli lavorativi che non esistevano nemmeno cinque anni fa. E probabilmente tra 5 anni ne vedremo altri che solo ora possiamo a malapena ipotizzare.
Qualche esempio? Eccone alcuni:
Data scientist
Aiutano le aziende a interpretare e gestire i dati e a risolvere problemi complessi. Generalmente hanno competenze nell’informatica, nella statistica, nell’analisi e nella matematica, insieme a un forte senso degli affari. Oggi ogni nostra azione produce dati. Se tutte queste informazioni venissero messe insieme, non sappiamo cosa ne potrebbe scaturire.
Robotic process automation analyst
L’analista dei processi di automazione robotica consente di automatizzare le attività. L’obiettivo principale è quello di sostituire le mansioni ripetitive e noiose eseguite dagli esseri umani con una forza lavoro virtuale e automatizzata di IA.
Architetto di realtà virtuale
Un architetto di realtà virtuale ha competenze avanzate di programmazione, gestione delle immagini, 3D e realtà virtuale. Il suo obiettivo è quello di creare realtà virtuali così avanzate che gli utenti dimentichino di non essere nel mondo reale.
Ma questi tre sono solo alcuni esempi. Ce ne sono altri 100 in arrivo (leggi qui) .
La domanda è: cosa abbiamo davanti?
Gli esperti considerano l’economia digitale come la terza rivoluzione industriale. Diventerà la più grande opportunità di business dell’umanità nei prossimi 30 o 40 anni. Dopo nulla sarà come prima.
Per questo è importante per gli individui tutelarsi formandosi le conoscenze più richieste sul mercato. Per le istituzioni invece sarebbe opportuno capire il da farsi da qui a 30 anni. Perché il lavoro potrebbe essere diverso da come lo conosciamo o potrebbe essere totalmente scomparso. Essere colti alla sprovvista potrebbe essere fatale.