di Steven Wise – Vorrei che guardaste questa matita. Legalmente parlando, è un bene. Proprio come i vostri libri, o le vostre auto. Del mio libro, o della mia macchina, posso disporre come voglio.
E gli animali. Il mio cane è un bene?
Per secoli c’è stato un grande muro giuridico che separava i beni dalle persone giuridiche. Da un lato, i beni, senza alcun diritto legale, senza capacità giuridica. Dall’altro lato le persone giuridiche, con capacità giuridica per un infinito numero di diritti.
In questo momento, tutti gli animali non umani sono beni. Tutti gli esseri umani, invece, sono persone giuridiche.
Ma andiamo più in fondo.
“Umani” e “persone giuridiche” non sono sinonimi. Da un lato, molti esseri umani, nei secoli, sono stati trattati come beni. Gli schiavi erano beni; le donne, e i bambini, sono stati dei beni.
Dall’altra parte ci sono le persone giuridiche, categoria che non si è mai limitata ai soli esseri umani. Ad esempio, molte persone giuridiche nemmeno sono vive. In Occidente sappiamo tutti che le aziende sono persone giuridiche. Nel 2000, la Corte Suprema Indiana decretò persone giuridiche i libri sacri della religione Sikh. E nel 2012 c’è stato un accordo tra gli aborigeni della Nuova Zelanda e la corona, per cui i fiumi furono riconosciuti persone giuridiche, proprietarie del proprio letto.
Diventai avvocato per essere la voce di chi non ne aveva, difendere gli indifesi, e non mi ero mai reso conto di quanto fossero indifesi miliardi di animali non-umani. E iniziai a lavorare come avvocato per la protezione degli animali.
E verso il 1985, capii che stavo cercando di fare una cosa letteralmente impossibile, dato che tutti i miei clienti, tutti gli animali, erano dei beni, invisibili per la legge. Così decisi che l’unica strada percorribile era far acquisire loro personalità giuridica.
A quel tempo, si parlava poco di diritti degli animali, così immaginai, nel 1985, che ci sarebbero voluti 30 anni prima di avviare un contenzioso. Be’, sono stato pessimista: ce ne sono voluti solo 28.
Per iniziare dovevo capire gli aspetti pratici della gestione di un simile caso. Quindi una delle prime cose da fare era capire quale fosse il capo di imputazione. Un capo di imputazione è il mezzo usato dagli avvocati per esporre i propri argomenti di fronte alla corte.
Così scoprii per caso una storia. Un caso che risale a quasi 250 anni fa, a Londra, chiamato Somerset contro Stewart, in cui uno schiavo nero si servì dell’ordinamento giuridico e da bene diventò persona giuridica. James Somerset aveva otto anni quando fu rapito in Africa occidentale. Sopravvisse alla tratta atlantica degli schiavi, e fu venduto a un uomo d’affari scozzese, Charles Stewart, in Virginia. Vent’anni dopo, Stewart portò James Somerset a Londra, e quando arrivò lì, James decise che sarebbe scappato. Una delle prime cose che fece, quindi, fu farsi battezzare e trovare due padrini, perché sapeva da schiavo del XVIII secolo, che una delle principali responsabilità dei padrini era proprio quella di aiutarti a scappare.
Nell’autunno del 1771, quindi, James Somerset ebbe un diverbio con Charles Stewart. Non sappiamo esattamente cosa sia successo in seguito, ma James sparì. Un furioso Charles Stewart assoldò dei cacciatori di schiavi perché lo trovassero e lo portassero alla nave Ann and Mary, diretta in Giamaica, dove James sarebbe stato venduto al mercato degli schiavi. I padrini di James entrarono raggiunsero il giudice più influente, Lord Mansfield, e chiesero, un ordine di habeas corpus, a nome di James Somerset.
L’habeas corpus è detto Great Writ [Grande Ordine], e protegge chiunque sia trattenuto contro la propria volontà. Così si richiede al carceriere di fornire una ragione legalmente valida del perché si sta privando un uomo della sua libertà corporea. A quel punto, Lord Mansfield doveva decidere se James Somerset era un bene o meno. Quindi Lord Mansfield decise di partire dal presupposto, che James Somerset meritasse di acquistare personalità giuridica, così emise l’habeas corpus. Vi fu una serie di udienze nei sei mesi successivi. E il 22 giugno 1772, Lord Mansfield dichiarò la schiavitù così detestabile, e usò proprio il termine “detestabile”, che la legge non l’avrebbe permessa, e ordinò la liberazione di James.
Così con la Nonhuman Rights Project, che ho fondato, iniziammo a chiederci: quali tipi di valori e principi volevamo difendere davanti ai giudici? Quali valori e principi? E scegliemmo libertà ed uguaglianza.
La libertà è un diritto fondamentale. Nella Common Law, l’interesse supremo va ai diritti all’autonomia e all’autodeterminazione. Mentre l’uguaglianza è quel tipo di diritto che ti spetta perché somigli a qualcun altro in modo rilevante, ed è quello il punto critico, “in modo rilevante”. Quindi se gli somigli, dato che loro hanno quel diritto, e tu sei come loro, anche tu hai diritto a quel diritto.
Abbiamo fatto ricerche su 80 diverse giurisdizioni, e ci sono voluti sette anni, per trovare quella a cui presentare la nostra prima causa. Scegliemmo lo stato di New York. Poi decidemmo chi sarebbe stato il nostro querelante. Abbiamo optato per gli scimpanzé.
Poi abbiamo iniziato una campagna mondiale per trovare esperti delle loro capacità cognitive. Ne abbiamo trovati in Giappone, Svezia, Germania, Scozia, Inghilterra e USA, che insieme scrissero 100 pagine di deposizioni in cui fissavano più di 40 modi in cui le loro complesse capacità cognitive, sia individuali che di specie, siano paragonabili con i principi di autonomia ed autodeterminazione. Il che include, per esempio, il fatto che siano coscienti.
E sono coscienti di esserlo. Sanno di avere una mente. Sanno che altri ne hanno una. Sanno di essere individui. Capiscono il fatto di essere vissuti ieri e che vivranno domani. Perciò è terribile imprigionare uno scimpanzé. È quello che facciamo ai nostri peggiori criminali, e lo facciamo agli scimpanzé senza neanche pensarci.
Hanno anche capacità morale. Facendo giochi di simulazione economica con degli umani, fanno spontaneamente offerte eque. Sanno fare di conto. Capiscono i numeri. Sanno fare semplici calcoli. Sanno conversare, o almeno, per non entrare in conflitti linguistici, prendono parte a comunicazioni intenzionali e referenziali in cui fanno attenzione all’atteggiamento di quelli con cui stanno parlando. Hanno una cultura. Una cultura materiale, una cultura sociale, una cultura simbolica.
Ora dovevamo trovare il nostro scimpanzé. Trovammo Tommy. Lo trovammo in una gabbia in un capannone di un deposito di roulotte usate nel centro di New York. Trovammo Kiko, parzialmente sordo. Kiko viveva nel retro di un negozio di articoli per edilizia in Massachusetts. E trovammo Hercules e Leo. Sono due giovani scimpanzé maschi che sono usati per ricerche biomediche e anatomiche alla Stony Brook.
E così, nell’ultima settimana di dicembre 2013, il Nonhuman Rights Project sporse tre denunce in tutto lo stato di New York usando la stessa argomentazione di ordine dell’habeas corpus usata con James Somerset, e chiedemmo che i giudici emettessero questi ordini di habeas corpus. Volevamo quegli scimpanzé liberi, e volevamo che fossero portati al Save the Chimps, un fantastico santuario per scimpanzé nel sud della Florida che comprende un lago artificiale con 12 o 13 isole di due o tre acri, con due dozzine di scimpanzé su ciascuna. E questi scimpanzé avrebbero vissuto una vita da scimpanzé, con altri scimpanzé, nell’ambiente più simile possibile a quello africano.
Tutti questi casi sono ancora in corso. Non ci siamo ancora imbattuti nel nostro Lord Mansfield. Ma certamente lo troveremo. Questa è una campagna per una causa strategica a lungo termine, lo troveremo. E citando Winston Churchill, non vediamo i nostri casi come se fossero la fine: non sono neanche l’inizio della fine.
Traduzione di Ana Paula Da Costa Silva
Revisione di Giulia Boccalini